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Diritto di critica | March 25, 2024

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Giornalisti precari, il sindacato dov'è? - Diritto di critica

Giornalisti precari, il sindacato dov’è?

Scritto per noi da Chiara Baldi 

Questa che volge al termine è stata una settimana significativa per i precari del giornalismo: mercoledì, alla sede della Fnsi,si è tenuto un dibattito sul futuro dei pubblicisti e sull’accesso alla professione, mentre ieri, davanti a Montecitorio, il comitato “giornalisti senza tutele: altro che casta” (freelance, autonomi e parasubordinati di Stampa Romana ed Errori di Stampa) ha organizzato il sit-in per sollevare il problema dei professionisti dell’informazione pagati 4 euro lordi al pezzo. Già perché nel Paese che si è classificato al 61esimo posto nella classifica mondiale sulla Libertà di Stampa, è necessario parlare anche di loro, dei precari delle redazioni: giovani e meno giovani che hanno votato la loro vita al giornalismo e che ora vivono, o sarebbe meglio dire “sopravvivono”, con 4 euro lordi al pezzo. Dove per “pezzo” non è importante specificare se si tratti di una notizia breve, di un articolo lungo, di un lancio d’agenzia, di un’inchiesta o di un reportage: 4 euro al pezzo sono comunque un’infamia, una miseria che non dovrebbe essere neanche contemplata quando si parla di informazione. E la libertà di stampa inizia da qui.

Di questa precarietà che sfocia in frustrazione, nei giornali non se ne parla. L’opinione pubblica ignora quale sia l’attuale, drammatica e surreale condizione dei giornalisti perché a scriverne dovrebbero gli stessi giornali che si avvalgono di “manodopera” a bassissimo costo: sono molti, moltissimi, coloro che pensano che un giornalista goda di un alto stipendio e di decine di benefici garantiti ad una qualsiasi “casta” che si rispetti. Ed il punto è proprio questo: i giornalisti sono o non sono una casta? Qualche settimana fa il Ministro Elsa Fornero ebbe ad apostrofarli così, «dei privilegiati» che affiancano il potere e quindi sono, per definizione, una vera e propria casta. Eppure, ad ascoltare le storie di Damiano Celestini, Giovanni Tizian, Valeria Calicchio e Luciana Cimino, solo per dirne alcuni, lo status di casta sembrerebbe davvero lontano anni luce. Racconta Celestini: «al Messaggero, sotto le 800 battute la retribuzione è di zero euro!». Che casta è, chiediamo al Ministro Fornero, quella che lavora gratis? Troppo spesso, infatti, la passione diventa lo strumento attraverso il quale molti vengono “ricattati” dagli editori che, pur di risparmiare qualche migliaia di euro alla fine dell’anno, li obbligano a contratti indegni e miserabili.

Davanti a Montecitorio, però, c’erano tanti rappresentanti delle istituzioni: a partire da Enzo Iacopino, presidente dell’Ordine dei Giornalisti, Enrico Paissan, vicepresidente dello stesso, Giuseppe Giulietti, portavoce di Articolo 21, e anche Roberto Natale, presidente della Fnsi. La presenza di quest’ultimo ha causato qualche polemica con le organizzatrici dell’evento di Assostampa Romana ed Errori di stampa. Secondo Maria Giovanna Faiella, infatti, rappresentante della Commissione lavoro autonomo di Stampa Romana, la Fnsi non ha dato il proprio appoggio alla manifestazione di ieri, mentre Natale sostiene che l’appoggio è arrivato direttamente dalla Commissione Nazionale Lavoro Autonomo del sindacato. C’è però una precisazione da fare: quello che lamenta il Comitato promotore dell’iniziativa è che l’OdG ha aderito alla manifestazione, la Fnsi non ha ritenuto di fare altrettanto. Il nocciolo della questione, come spiega la Faiella, è proprio questo: «non basta che abbia aderito la Commissione lavoro della Fnsi. Per l’Ordine, infatti, non solo ha aderito il gruppo precari dell’Ordine, ma anche lo stesso Ordine nazionale dei giornalisti». Per Natale però conflitto non c’è e ribadisce che la sua presenza di ieri in piazza fosse segno evidente del sostegno del sindacato alla manifestazione.

Ma il ruolo del sindacato sembra, nell’intera vicenda dei precari del giornalismo, piuttosto marginale, per non dire svuotato di ogni forza sindacale. Già da molto tempo i giornalisti, soprattutto quelli non garantiti, si sentono ben poco rappresentati da un’istituzione che dovrebbe essere in prima linea nella difesa dei lavoratori e che invece, per stessa ammissione del Presidente Natale, ha preso coscienza troppo tardi di una piaga sociale, quella del precariato giornalistico, di così ampio respiro. Non è di certo un caso che negli ultimi due anni siano nati in tutta Italia i coordinamenti dei giornalisti precari che hanno come scopo quello di informare sulla questione del precariato giornalistico, cercando altrove i propri rappresentanti.

E proprio per mettere alle strette il sindacato sulle sue reali intenzioni, le organizzatrici di Assostampa Romana si sono sentite in dovere di fare a Natale una domanda secca: «Presidente, ti prendi un impegno, qui e ora, in difesa dei collaboratori affinché essi non siano più carne da macello? Di promesse ce ne sono state fin troppe negli ultimi anni e i precari del giornalismo hanno bisogno di fatti non domani né dopodomani, ma oggi».

È forse questo l’aspetto più inquietante per chi vive una vita piena di incertezze: la consapevolezza che persino chi dovrebbe stare dalla tua parte (il sindacato) fa ben poco, troppo preso forse a fare i conti con chi ha più potere, e cioè i contrattualizzati e gli editori. Nell’atavico conflitto tra “forti e deboli” l’unica certezza è che i deboli (precari), sebbene in maggioranza, non abbiano ancora imparato a contare nulla. Neanche per il sindacato.

Twitter@chiarabaldi86

Comments

  1. Carlo Gubitosa

    Presupposto sbagliato: il sindacato rappresenta i precari. Dato di fatto: il sindacato ha firmato un contratto nazionale di lavoro dove sono menzionati sono i contrattualizzati, lasciando alla libera contrattazione individuale in un libero mercato di libere volpi con libere galline tutti i freelance, i precari dell’informazione e i collaboratori “a pezzo” lasciati a casa ma di fatto parte integrante dei piani editoriali. L’azione piu’ concreta, purtroppo in negativo e’ stata la negazione del riconoscimento della FNSI alla neonata organizzazione sindacale USGF che voleva semplicemente costituirsi come sindacato di categoria sotto l’ombrello della FNSI, esattamente come ha fatto l’USIGRAI per i lavoratori Rai. Quindi la ripsosta alla domanda “Il Sindacato dov’e'” e’ molto semplice: “a difendere gli interessi dei giornalisti coperti dal contratto di lavoro”. Peccato che ce ne siano altre migliaia senza contratto, senza tariffario e tra un po’ senza neppure un albo dei pubblicisti a cui potersi iscrivere. 

  2. Massimo Marciano

    Cara Chiara, la risposta al quesito che viene posto come titolo del tuo articolo sta proprio in quello che tu stessa scrivi. Tu citi persone, dai dirigenti nazionali ai colleghi precari, che lavorano ogni giorno nel sindacato e che dal sindacato sono stati organizzati nelle varie consulte e commissioni dei freelance e dei precari che sono state create in ogni regione, come parte integrante delle Associazioni regionali di stampa. Il sindacato siamo noi: noi lo facciamo con la forza delle nostre idee e dei nostri numeri. Per questo occorre che noi freelance usciamo dal nostro individualismo, caratteristica che spesso è il nostro limite “storico”, e cominciamo a costituire una “massa d’urto” e fonte di idee nuove per il nostro sindacato. In democrazia, si sa, contano i numeri. Finora i numeri dicevano che nel sindacato c’erano solo i “garantiti”. Ora cominciamo ad essere tanti, cominciamo a uscire dal nostro individualismo. Allora, per parafrasare Kennedy, vorrei dirti che non dobbiamo chiederci cosa fa il sindacato, ma cosa noi facciamo per “fare” il sindacato. Me lo sono chiesto anch’io, quando l’Associazione stampa romana (a proposito di cosa fa il sindacato) mi ha chiesto di curare uno sportello settimanale, il martedì mattina, per dare consulenza e assistenza ai colleghi freelance sull’Inpgi 2 e su tutte le tematiche connesse. E la risposta che mi sono dato è stata accettare di dedicare ogni martedì mattina a questo servizio per i colleghi, che mi sta dando la possibilità di conoscere sempre di più una realtà che deve uscire dall’isolamento e dall’individualismo, mettendo al servizio di tutti i colleghi e le colleghe freelance il mio tempo e le mie conoscenze della materia previdenziale. E’ la stessa risposta che si sono dati i colleghi e le colleghe che tu citi nel tuo articolo, che hanno organizzato e ben gestito la manifestazione di ieri di fronte a Montecitorio e che hanno scelto di dedicare una parte importante del loro tempo al sindacato. Perché il sindacato, lo ripeterò fino alla noia, siamo noi. Prendiamoci con la forza nelle nostre idee e dei nostri numeri i nostri spazi nel sindacato, senza aspettare che sia sempre qualcun altro a mettere in pratica le nostre teorie che, seppur belle, se non ci rimbocchiamo le maniche in prima persona rimangono sulla carta e nei ricordi di belle manifestazioni, utili però solo per autoassolvere la nostra coscienza se non sono seguite dalla pratica dell’impegno sindacale in prima persona.

  3. Sandlaf

    Quello che mi meraviglia è’ come una miriade di giornalisti precari, spesso acuti e preparati, non si sia accorta che dietro le pompose sigle istituzionali, siano esse vicine alla destra o alla sinistra poco importa, si cela un unico losco e lugubre burattinaio! Sono secoli che è’ cosi’ !

    Ditemi cari giornalisti precari:” Qual’e’ l’organizzazione discreta in grado di manovrare nell’ombra tutte le trame istituzionali a livello italiano ed internazionale ?”! Chi `che decide quali debbano essere i Direttori di Quotidiani, TV eRadio di una certa rilevanza in su ? Chi e’ che decide i loro stipendi da favola e le loro tutele al fine di garantirsene la “schiavitu'” a vita ? Chi e’ che quindi decide che migliaia e migliaia di giornaslisti “NON CORRUTTIBILI” debbano vivere nella miseria di 4 euro a pezzo, al fine di tenerli quindi in silenzio ?

    Lasciate stare la passione che cita l’autore del pezzo in alto! La vera causa di uno stipendio miserevole non e’ ASSOLUTAMENTE da ricercarsi nello stimolo professionale di un Giornalista precario, ma nel “guadagno” di chi ha interesse a mantenere miglia di persone in silenzio, appesi per il collo, alla fragile corda della miseria.