Generazione “stage”: abbandonata dalla politica e dai sindacati - Diritto di critica
Duecentocinquanta euro per uno stage. Lavorare quasi a gratis dopo una laurea specialistica o dopo un master. A 25, 26 o 27 anni non sono sufficienti nemmeno dodici mesi di esperienza per ottenere un contratto. E con la crisi, chi ha un misero stage se lo tiene stretto: non vuole far parte di quel 27,9% di under 30 che sta a casa perché non trova lavoro.
E la politica? Impegnata in leggi ad personam e in problemi di relativa importanza come la casa di Montecarlo, non sembra molto interessata alla questione. Probabilmente un posto di lavoro al figlio di un parlamentare si trova sempre. Male che vada, lo si fa eleggere come consigliere regionale in Lombardia. Mentre un’intera generazione rischia di venir spazzata via.
La chiamano “generazione 1000 euro” ma quella soglia psicologica è difficilmente raggiungibile. Così tra i 25 e i 35 anni i giovani, non più giovanissimi, sono costretti ad essere mantenuti dai genitori, saltando di stage in stage, da un contratto a progetto all’altro, mentre nel resto dell’Europa un venticinquenne inizia a vivere da solo e un trentenne già ricopre posizioni lavorative importanti. Li chiamano “bamboccioni”. Ma i veri bamboccioni sono i politici e i sindacati che non si occupano di loro. “Sposi mio figlio”, fu la soluzione al precariato lanciata da Silvio Berlusconi durante la campagna elettorale. Figuriamoci.
Per il resto, cosa ha fatto la politica per i giovani? Più o meno nulla, mentre il lavoro “flessibile” aumenta inesorabilmente e la crisi scarica sui figli il peso di una situazione economica di cui, in parte, sono responsabili i loro genitori. In Italia il debito pubblico, insieme alle corporazioni e ai monopoli, ha praticamente vanificato qualsiasi azione anti-crisi. Non ci sono i soldi nelle casse dello Stato. Ma negli ultimi nove anni, nei periodi di crescita economica, i governi raramente si sono occupati di ridurre il terzo debito pubblico del mondo, cioè quel fardello che le nuove generazioni dovranno accollarsi per aver pagato baby pensionati, falsi invalidi e politici incompetenti.
Oggi un giovane laureato che perde il lavoro si ritrova senza niente in tasca. Niente cassa-integrazione, niente sussidio di disoccupazione. Quelli che avevano scelto di andare a vivere da soli, sono ora costretti a tornare da mamma e papà, e chi ieri sperava di metter su famiglia, deve oggi attendere chissà per quanto tempo.
Niente futuro, nessuna rappresentanza. I sindacati si preoccupano di difendere i pensionati, gli operai e gli impiegati pubblici. In pratica, le categorie oggi più protette. I nuovi proletari, i nuovi poveri sono invisibili. Non basta una laurea, non basta la voglia di fare e lo spirito di sacrificio. Ci vuole la politica con la P maiuscola. Ci vogliono scelte coraggiose che nessuno vuole prendere.
Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie
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