L'arcivescovo di Milano "scarica" Formigoni e prende le distanze da CL - Diritto di critica
Aver militato in Comunione e liberazione ed essere vescovo è come «avere due peccati originali». A dirlo non è stato un personaggio di secondo piano della Chiesa ma il cardinale Angelo Scola durante il tradizionale «Dialogo sul giornalismo e la comunicazione», l’incontro con la stampa in occasione della festa di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti. E l’impressione è che ormai tutti a vario titolo tentino di prendere le distanze da Comunione e Liberazione ma soprattutto dal suo interlocutore politico principale: Roberto Formigoni, governatore della Regione Lombardia. Dopo le recenti inchieste e gli arresti che hanno coinvolto il Consiglio, l’atmosfera è quella che precede i temporali. Mentre Bossi minaccia di far cadere il fragile castello di carte da giuoco del Pirellone.
Fino ad oggi, però, la presa di distanze era stata tutta politica e le critiche erano piovute soprattutto da oppositori e colleghi. Ma se le bordate politiche in qualche modo si potevano arginare, le parole del cardinale di Milano mettono Formigoni alla porta. «Siccome il vescovo ha militato in Comunione e liberazione – ha domandato Scola incalzando i giornalisti – non sarà possibile che in quello che fanno non sia coinvolto? Siccome con Formigoni si conoscono, vengono tutti e due da Lecco eccetera eccetera, è possibile che il vescovo non c’entri con quello che Formigoni fa? È possibile perché con Formigoni negli ultimi vent’anni ci siamo visti una volta all’anno se va bene […] posso dire che non ho più partecipato a incontri di Cl da vent’anni, ma per molti di voi questo non serve a niente. […] Per un vescovo che si deve occupare dei suoi fedeli – ha quindi tagliato corto il Cardinale – è come avere due peccati originali di cui liberarsi tutte le volte».
Ma c’è di più: secondo alcuni ben informati, infatti, Scola sarebbe stato inviato a Milano proprio per separare il cattolicesimo dalla zavorra della corruzione, mentre don Julián Carrón, attuale capo di Cl, avrebbe minacciato le dimissioni e starebbe tentando di separare la parte ecclesiale di Comunione e Liberazione dalla Compagnia delle Opere, il movimento politico ed economico di CL.
Formigoni dal canto suo nicchia e non smentisce: «Io e Scola ci conosciamo e siamo amici da tantissimi anni ma è vero che negli ultimi 20 anni ci siamo visti, ben che vada, per gli auguri di Natale». «E per di più – sottolinea Formigoni – agiamo in due campi che sono completamente diversi».
Per un cattolico fervente e praticante come il governatore della Lombardia, però, le parole di Scola suonano come una scomunica politica. A distanza di oltre trent’anni, l’uomo che al Palalido battezzò la nascita di Comunione e Liberazione – eletto negli anni Ottanta in Europa, con oltre 450mila preferenze, primo dei DC – si ritrova solo. Il suo percorso alla guida della Regione Lombardia, durato sedici anni è quantomai incerto. Tanto che alcuni giorni fa è stato lo stesso Formigoni a dichiarare: «Non mi ricandido, sono al sedicesimo anno di governo. Completo la legislatura e ragionerò con il mio partito se ci saranno altri incarichi. Sono molto soddisfatto di quanto fatto e di avere portato la Lombardia ai migliori livelli non fra le Regioni ma fra gli Stati Europei, non ambisco ad altro». Una decisione singolare visto il percorso portato avanti fin qui.
Nei corridoi del movimento e sugli house organ di Cl, infine, nonostante gli arresti, i verbali, le ammissioni e le inchieste, si grida allo scandalo: “caduto Berlusconi, devono silurare anche il suo successore, Roberto Formigoni”. Oppure: “è la nota lobby”, il riferimento è a Repubblica. Senza dimenticare un colpevole “moralismo che divampa” citato da Luigi Amicone, in un editoriale su Tempi.it. Toccherà farlo presente all’arcivescovo.
Twitter@emilioftorsello
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