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Diritto di critica | October 3, 2024

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Frequenze tv, il duro braccio di ferro tra Monti e Berlusconi - Diritto di critica

Frequenze tv, il duro braccio di ferro tra Monti e Berlusconi

Rai e frequenze tv. Così inizia il periodo più caldo per Mario Monti. “Ogni governo ha un mandato per definizione non predeterminato”, ha così risposto il premier a chi, soprattutto a destra, lo invitava cordialmente “a farsi i fatti suoi”. La Rai e le frequenze tv sono esclusivo appannaggio dei partiti, guai a chi le tocca.

Quel conflitto di interessi che non muore mai. Quattro mesi di “riflessione” non sono bastati. Hanno solo fatto guadagnare al governo un po’ di tempo. Ma i principali aspetti e problematiche dell’assegnazione delle frequenze tv rimangono senza soluzione. Nonostante il Cavaliere non sieda più sulla poltrona di Palazzo Chigi riesce a tenere sotto ricatto Monti. Il governo continuerà ad operare fintanto che lo vorrà Berlusconi. Per questo non si tocchino gli interessi (anche se poco legittimi) di Mediaset.

Tutto rinviato dopo la riforma del lavoro. Tuttavia il Cavaliere sa che non può tirare troppo la cinghia. Per ora è tregua armata. Il confronto sarà rimandato dopo alcuni passaggi cruciali che il governo considera più urgenti. In primo luogo deve passare senza strappi e possibilmente con il placet di tutti la riforma del mercato del lavoro. Solo così il Pdl potrà vantare un successo del proprio partito. A questo punto, di fronte ad un “trionfo” del Pdl spendibile nella prossima campagna elettorale e ad una “vittoria a metà” del Pd che sarà riuscito a mitigare una “riforma liberista”, si potrà parlare di Rai. È ovvio che il governo dovrà dare un colpo al cerchio e un colpo alla botte. Così sulla Rai dovrà lavorare con moderato favore nei confronti dei democratici, sempre più insofferenti di fronte ad un governo “non di sinistra”.

Le tv locali sul piede di guerra. Così, entro fine marzo (forse il 28), il ministro Corrado Passera – dato come possibile candidato di una nuova coalizione Pdl-Udc –, in concomitanza con la scadenza del cda Rai, illustrerà la sua decisione sul beauty contest sospeso. Due le opzioni sul tavolo: le frequenze divengono a pagamento ma una parte sarà riservata – come chiede la Ue – alle tv cosiddette “comunicarie” (cioè votate al sociale); oppure le frequenze verranno date via scontate. Un’opzione, quest’ultima, che non piace alle tv locali. “In questo modo se ne avvantaggerebbero solo Rai, Madiaset e forse TiMedia (La7 – ndr)”, spiegano. Per questo ben 250 tv locali che rischiano di chiudere, l’associazione Articolo 21 e alcuni parlamentari Pd, Idv e Udc hanno firmato un appello che è stato fatto recapitare al ministro. “Le frequenze tv sono un bene comune. Non possono essere regalate o svendute. Si faccia un asta regolare e sarà il mercato a dirci a chi spettano”, spiegano alcuni proprietari di tv locali che hanno firmato l’appello.

Berlusconi pronto a rinunciare alla Rai. La partita, rimandata, è ancora tutta da giocare. Mediaset, attraverso Fedele Confalonieri, non vuole rinunciare alle frequenze gratuite, per un valore stimato pari a 250 milioni di euro. Per favorire le sue aziende, Berlusconi sembra intenzionato a cedere sulla Rai. Nessuna rivoluzione, si intende. Ma sarebbe disposto ad accettare la proposta del segretario del Pd, Pierluigi Bersani: rinnovare il cda della Rai con una squadra di alto profilo – un cda “tecnico” lo ha ribattezzato qualcuno – che toglierebbe al Pdl il controllo sull’azienda pubblica.

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