'Ndrangheta ed ex terroristi "neri", le frequentazioni che inguaiano la Lega - Diritto di critica
di Virgilio Bartolucci
Rapporti con la ‘Ndrangheta e con ambienti dell’eversione nera milanese. Ci sarebbe anche questo tra le ipotesi su cui indagano i pm che dovranno passare al setaccio l’ingente mole di documenti cartacei e informatici scaturiti dall’inchiesta sulla Lega e sulla gestione tutt’altro che trasparente dell’ex tesoriere leghista Francesco Belsito.
RICICLAGGIO E CRIMINALITA’ – In particolare, la procura di Reggio Calabria punta sul riciclaggio del denaro proveniente dalle cosche calabresi attraverso un sistema di cui il Carroccio sarebbe stato parte integrante. Milioni delle ‘ndrine che potrebbero essere transitati assieme ai fondi pubblici della Lega, o camuffati come tali, nelle banche di mezzo mondo: da Cipro alla Tanzania, dalla Svizzera alla Francia. Al momento si tratta di ricostruzioni tutte da verificare. Tra le frequentazioni di Belsito, però, figurano due nomi – quello di Stefano Bonet e di Romolo Girardelli – che hanno subito catalizzato l’interesse dei magistrati.
Lo “shampato” Bonet” e “l’ammiraglio” Girardelli, infatti, sembrano essere due personaggi dalle mille sfaccettature, in grado di tenere rapporti molteplici e diversi tra loro. Presunti legami con istituzioni importanti e con la criminalità organizzata, a cui si andrebbe a sovrapporre adesso anche la pista che conduce all’eversione nera. Bonet, imprenditore veneto, è colui che farebbe girare i soldi, riuscendo a smistarli a promotori finanziari di fiducia come Paolo Scala, a destreggiarsi in ambienti come quelli di Fincantieri – di cui Belsito era consigliere d’amministrazione – ottenendo commesse e a tessere una rete di entrature e agganci ad alti livelli per cercare di arrivare fino ai piani alti del Vaticano.
Girardelli, su cui al momento indaga solo la Procura di Reggio (giunta a Belsito tramite lui) è, invece, un nome noto agli inquirenti. “L‘ammiraglio” genovese, di 53 anni, è finito sotto inchiesta nel 2002, assieme a “soggetti al vertice della cosca De Stefano di Reggio Calabria”. Dieci anni fa era stato indagato per associazione a delinquere di stampo mafioso per aver fornito “supporto logistico alla latitanza di Salvatore Fazzalari, esponente di spicco della ‘Ndrangheta calabrese attraverso la messa a disposizione di somme di denaro” e inoltre per aver prestato le sue competenze utili “alla negoziazione, allo sconto ovvero alla monetizzazione di ‘strumenti finanziari atipici’ di illecita provenienza“. Girardelli è ritenuto uno dei principali referenti e riciclatori della cosca dei De Stefano.
Ma oltre ad essere in affari con la criminalità organizzata, Girardelli da almeno dieci anni era in rapporti con Belsito. Un rapporto, quello con l’ex tesoriere leghista, cementato con la società «Effebiimmobiliare» con sede a Genova, in cui il figlio di Girardelli è socio con Belsito. Assieme avrebbero procacciato affari per le società dell’ imprenditore Stefano Bonet. Commesse importanti, tra cui quelle di Fincantieri, i cui proventi avrebbero dovuto essere poi reinvestiti. Un arcipelago di attività frastagliato, non facile da sintetizzare.
Nel provvedimento di perquisizione i magistrati scrivono che, “ampiamente accertata appare la presenza di un gruppo di soggetti, variamente inseriti in contesti imprenditoriali, professionali ed istituzionali – in cui operano Stefano Bonet, Paolo Scala, Francesco Belsito e Bruno Mafrici – dipendenti o collegati alla figura di Girardelli. Si ritiene sostanzialmente certa l’ esistenza e l’ operatività di un gruppo di soggetti protagonisti di un complesso sistema di esterovestizione e di filtrazione e quindi di riciclaggio o reimpiego, di capitali di provenienza illecita, almeno in parte verosimilmente riconducibili alle attività criminali poste in essere dalla cosca De Stefano, a cui il Girardelli risulta collegato sulla base di pregressi accertamenti“.
Che si tratti di indagini complesse e delicate è ammissione che giunge dalle stesse procure interessate. Bisognerà attendere che tutti i dati informatici siano decriptati dagli specialisti e portati a conoscenza degli inquirenti per avere un quadro completo. Al momento gli interrogativi sono tanti e quantomeno rilevanti.
LA PISTA “NERA” – Soprattutto per ciò che concerne la pista nera che sembra aggiungersi al resto. Il nome di Girardelli, già 10 anni fa nell‘inchiesta “Nizza“, era stato accostato a quello del boss Paolo Martino, ritenuto uno dei numeri uno della criminalità organizzata calabrese attiva nel nord Italia e arrestato a Milano nel 2011, nel corso della maxi operazione anti ‘ndrangheta in cui era finito in manette anche il boss Antonio Vittorio Canale. Martino, che al momento non risulta indagato, sarebbe legato da stretti vincoli di parentela al potentissimo clan De Stefano. Condannato per omicidio quando aveva appena 15 anni, da molto tempo trasferitosi al nord e poi a Milano, Martino avrebbe aiutato il terrorista nero Franco Freda – coinvolto nelle indagini sulla strage di piazza Fontana – a nascondersi in Calabria. L’ordine di agevolare la latitanza di Freda gli sarebbe arrivato proprio dal clan De Stefano, da sempre molto vicino all’estrema destra. Lo stesso Martino, molto vicino agli ambienti della Milano dello spettacolo e del jet- set – tanto da essere intercettato al telefono con Lele Mora nell’inchiesta “Redux” – avrebbe tra le sue frequentazioni abituali quelle degli ex Nar del gruppo milanese.
Ma sulla pista della destra eversiva conduce anche un altro degli indagati dal percorso particolarmente singolare, di cui i pm stanno seguendo passo passo gli spostamenti per il mondo e i movimenti telematici. Si tratta di Bruno Mafrici, consulente personale di Francesco Belsito, ai tempi in cui l’ex tesoriere era sottosegretario del ministro Calderoli. Mafrici è nato 35 anni fa, in un piccolo paese del Reggino ed oltre ad aver aperto società attive in Italia e all’estero, da sei anni lavora a Milano, servendosi di una stanza interna al notissimo studio legale milanese, “M.g.i.m service srl”.
Sebbene si faccia chiamare “l’avvocato”, infatti, Bruno Mafrici non risulta neanche iscritto all’albo e non sembra poter vantare le credenziali professionali necessarie per gli incarichi ricoperti come consulente legale del sottosegretario Belsito al ministero. Fatto sta che, trapiantato al nord, Mafrici ha utilizzato anche una stanza all’interno di uno degli studi piu’ rinomati di Milano – del quale, però, non risulta in alcun modo essere mai stato socio. Tanto più che lo studio è rientrato nelle cronache unicamente per esser stato l’appoggio logistico scelto dall’indagato, alle attività del quale ci tiene a non essere in alcun modo associato – un’altra circostanza che interessa i magistrati. Dello studio legale “M.g.i.m service srl”, con sede nella centralissima via Durini 14, e’, invece, socio a tutti gli effetti l’ex tesoriere dei Nar milanesi. Si tratta di Pasquale Guaglianone, detto “Lino”, condannato per banda armata, per aver fatto parte dei Nar di Giusva Fioravanti. Anch’egli nato in Calabria, commercialista, inserito nel Cda di importanti società, è, secondo un’informativa della Digos del 28 novembre 1981 – pubblicata da Il Fatto – il fratello dell’allora segretario del Fronte della Gioventù di Milano, Vittorio Guaglianone, di cui avrebbe ricoperto anche le funzioni per un periodo e sarebbe stato – afferma la Digos – “…protetto da La Russa”.
Tanto che nel 2005 si candida alle regionali con An. “Ci interessa dare posti a quella destra più a destra di noi”, sarà il commento alla candidatura espresso dallo stesso ex ministro La Russa. Guaglianone non verrà eletto, ma attualmente siede nel Cda di Ferrovie nord ed e’ presidente del collegio sindacale di Fiera Milano Congressi spa.
Nell’indagine sulla Lega e sui rapporti con esponenti della ‘ndrangheta, Guaglianone non è in alcun modo coinvolto, risultando totalmente estraneo alle indagini.
La circostanza va precisata ulteriormente, in quanto, nel corso delle verifiche sfociate nell’operazione Redux Caposaldo -che a marzo 2011 porterà all’arresto di 35 ‘ndranghetisti distaccati al nord – Guaglianone viene erroneamente identificato in una foto che ritrae tre persone. In realtà, non si tratta dell’ex Nar, ma di un imprenditore con interessi diversi che viene immortalato in compagnia di Bruno Mafrici e Paolo Martino, proprio sotto lo studio di via Durini.
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Vi ricordate quando si combatteva per difendere i popoli della Bosnia dagli attacchi serbi? Bene allora Il Bossi andava in Serbia a parlare con Milosivic perchè lui era contro i popoli multietnici della Bosnia.
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