Bossi si arrende, Maroni segretario. E scoppia la rivolta in Veneto - Diritto di critica
Bossi e Maroni fanno pace. Ma fanno infuriare i veneti. L’appoggio del Senatur alla candidatura dell’ex ministro dell’Interno a segretario del partito proprio non va giù alla Liga. Al di là del fiume Mincio, la Serenissima Repubblica chiede più spazio. E sembra non sia sufficiente il compromesso raggiunto che rende Umberto Bossi presidente a vita e garante del pluralismo all’interno del partito.
Chi ha paura delle epurazioni? Il timore d’altronde è che Maroni avvii un processo di radicale riforma del partito, iniziando da vere e proprie epurazioni. In questo senso Bossi dovrebbe rappresentare un argine per preservare le varie anime e soprattutto il vecchio indirizzo. Su quest’ultimo punto probabilmente ci sarà poco da sperare per l’ex Cerchio magico. Per la nuova Lega, probabilmente non ci sarà più lo slogan “Padania libera”. Una sterzata verso il pragmatismo, tipica caratteristica dell’ex ministro dell’Interno. “Costruiremo la nuova Lega tutti insieme”, minimizzano i maroniani. Ma in molti stentano a crederlo anche perché Bossi e il Trota sono ora indagati per truffa allo Stato.
Nella Lega c’è un problema “etnico”. Non è poi piaciuta ai militanti veneti la scelta di Bossi di decidere a tavolino chi guiderà il partito. “Vogliamo un segretario veneto, o almeno lasciate decidere agli iscritti”, protestano sull’altra sponda del Mincio. Dietro alla contestazione si nascondo altre problematiche legate alla composizione “etnica” del direttivo: Bossi, Maroni e Calderoli sono tutti e tre lombardi. Nessun veneto nelle cariche più alte. Inoltre, da Verona a Venezia hanno paura di perdere quel briciolo di autonomia all’interno del partito di cui ancora possono godere.
Twitter: @PaoloRibichini