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Diritto di critica | April 20, 2024

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Regole e regole, quando le primarie diventano espressione dei burocrati

Siamo un paese fortemente burocratizzato. Ci piacciono tanto le regole. E ci piacciono così tanto che ne prevediamo almeno una per ogni cosa della vita quotidiana. Sarà per questo che l’Italia può contare il numero più alto di avvocati pro-capite al mondo.

Le palle ai piedi. Ma le regole se non sono utili non sono regole, sono palle al piede. Chi fa impresa in Italia lo sa: non ci sono solo le tasse, ma un complesso di norme, spesso astruse e incomprensibili da conoscere e affrontare. Sì, come un incontro di boxe. E non è detto che l’imprenditore l’abbia sempre vinta sulla norma.

Le primarie, il peggior spot elettorale. E, visto che da anni si parla di semplificazione, il Pd ha deciso di andare controcorrente. In perfetto stile stalinista, ecco l’improvvisa necessità di regole per le primarie. Il peggior spot elettorale di un partito che, un po’ per paura, un po’ per incapacità di semplificare la vita dei cittadini e la propria, ha deciso di inserire nel regolamento della sfida Bersani-Renzi-Vendola prima il doppio turno (questo comunque auspicabile almeno in parte) e poi la lista dei votanti.

“Rischio infiltrazioni”. Così, gli elettori del centro-sinistra e quelli potenziali, per andare a votare alle primarie dovranno registrarsi prima del voto, firmando una dichiarazione di intenti e specificando di aver votato per il Pd o di essere intenzionato a farlo. “Rischio infiltrazioni”, dicono. Quelle infiltrazioni che in tre primarie nazionali (più una dei Giovani Democratici) e una decina di quelle locali, non si sono mai verificate. Anzi, il problema talvolta è venuto dall’interno: brogli e irregolarità.

Il Pd non vuole i voti del moderati. Ma questa dichiarazione di intenti è di fatto una chiusura nei confronti del popolo del centro-destra, popolo allo sbando che è alla ricerca di un nuovo leader. E mentre Romney negli Usa dà la caccia ai delusi da Obama, nel Pd e nel centro-sinistra vige la presunzione di auto-sufficienza. Quasi come se a Bersani e alla nomenclatura del Pd e di Sel crei repulsione essere votati da chi fino a ieri ha sostenuto il Pdl e Silvio Berlusconi. Ma non è così che funziona la democrazia dell’alternanza.

Un mostro giuridico. E poiché i voti dei moderati fanno sdegno ma anche un po’ paura, ecco l’ultima novità uscita dalla mente contorta di qualche burocrate del Pd. Prima si decide che per partecipare alle primarie si debba fare un’iscrizione in un luogo diverso da quello del voto. Poi, però, per dimostrare la modernità del Pd, si dà all’elettore la possibilità di pre-iscrizione alle primarie via internet. Renzi è saltato sulla sedia: “Evviva!”. È passata un’ora per scoprire che c’era l’inganno. Ci si “pre-iscrive” sul web, si va all’ufficio elettorale per ritirare una specie di certificato elettorale, poi ci si reca al seggio. Una follia. Così, i tesserati saranno guidati dal circolo di appartenenza in modo che avranno la possibilità di districarsi in questa palude giuridica, gli altri – i simpatizzanti del centro-sinistra e i delusi dalla destra – non avranno né voglia né tempo di fare tutta questa assurda trafila. E aggiungiamo anche il fatto che il voto “costa” 5 euro. La frittata è fatta.

Sarebbe stato troppo semplice… Anche nel 2006, nelle uniche precedenti primarie di coalizione, gli elettori erano chiamati a firmare una dichiarazione di intenti. Ma il tutto era stato fatto direttamente al seggio. E nessun doppio turno. Certo, in questa sfida tra Bersani e Renzi è importante che il vincitore abbia la maggioranza assoluta dei voti. Ma si poteva evitare di ripetere l’elezione dopo due settimane, risparmiando soldi e pazienza di chi si reca alle urne. Sarebbe bastato adottare il sistema elettorale australiano o un sistema binominale. In questo modo si esprime il voto per il proprio candidato e per il secondo preferito. Nessuno ci ha pensato, troppo semplice.

O forse, semplicemente, il Pd non vuole il vostro voto.

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