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Diritto di critica | November 10, 2024

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Turchia ancora nel caos. Inizio della fine di Erdogan?

Turchia ancora nel caos. Inizio della fine di Erdogan?

erdoganCentinaia di migliaia di manifestanti per le strade di Istanbul, proteste anche ad Ankara, Izmir, Adana e Gaziantep; non si tratta più di “poche centinaia di scalmanati”, come dichiarato dall’esecutivo turco e da alcuni suoi sostenitori. Le immagini dello scorso weekend parlano chiaro, una marea umana si è riversata per le strade di Istanbul per chiedere a gran voce le dimissioni del governo.

Quello che non piace. Erdogan fin’ora ha avuto la capacità di compiere tutta una serie di errori che hanno fatto aumentare il dissenso del popolo turco fino ad arrivare al punto di portare in strada persino coloro che a suo tempo votarono per lui. Ciò che non piace ai manifestanti sono le politiche neo-liberiste che radono al suolo i quartieri poveri, moralismo di stampo paternalistico decisamente fuori luogo in un paese moderno e democratico, una politica estera confusa e a volte contraddittoria.

Gli errori di Erdogan. Con le sue dichiarazioni offensive nei confronti dei manifestanti, definiti “sciacalli” e “fuorilegge”, con la minaccia di far scendere in strada il 50% della popolazione che lo ha votato e con il violentissimo intervento delle forze dell’ordine, il primo ministro turco è riuscito a far trasformare la protesta di un piccolo gruppo di persone in un movimento di massa su scala nazionale. Senza dubbio alcuni dei suoi elettori sono realmente scesi in piazza, ma contro di lui. Erdogan però non sembra intenzionato a cambiare la sua linea e martedì in un discorso indirizzato ai parlamentari del suo schieramento ha ribadito lastrategia della “tolleranza zero”. Così, la polizia è nuovamente intervenuta in piazza Taksim con gas lacrimogeni e idranti.

Toni dittatoriali. “Per coloro che si trovano a Taksim….e in altre parti del paese e prendono parte alle manifestazioni con sincero sentimento, vi invito a lasciare quei luoghi, a porre fine a questi episodi e vi mando il mio amore”, ha spiegato Erdogan. “Ma a coloro che vogliono proseguire con gli incidenti dico che è finita; da adesso non avremo più tolleranza per loro. Non solo porremo fine a tali azioni ma staremo attaccati al collo di provocatori e terroristi e nessuno riuscirà a farla franca”. Una retorica che non può non destare perplessità e che ricorda molto alcune dichiarazioni di Bashir Assad, in particolare quando fa riferimento alle forze anti-regime come “terroristi”. Lo stesso Erdogan che nel 2011 bersagliava l’ex dittatore egiziano Hosni Mubarak con sermoni sulla democrazia e la giustizia divina; lo stesso Erdogan che ha più volte accusato Assad di essere anti-democratico e di massacrare la propria popolazione. Lo scrittore e giornalista “Hassan Cemal” scrive: “…Erdogan con il tempo è diventato l’unica fonte di potere ed è arrivato a convincersi che lo stato è lui. Oggi si comporta come un bambino viziato che non vuole rinunciare al suo giocattolo preferito e che non tollera le critiche”.

Colpito il dissenso. Nella giornata di martedì la Contemporary Lawyers Association ha denunciato l’arresto da parte della polizia turca di almeno 70 avvocati che avevano protestato contro l’operato delle forze dell’ordine e contro l’arresto di alcuni loro colleghi che avevano difeso i manifestanti. Alle televisioni turche è poi stato imposto il silenzio totale nei confronti delle proteste di piazza, un evidente segnale che non soltanto conferma la strategia anti-democratica di un leader che sembra aver dimenticato l’importanza del concetto di “contratto con gli elettori”, ma che evidenzia anche il timore che la protesta possa allargarsi ulteriormente per mezzo dei media. Non a caso il premier turco ha definito Twitter e i social media una “maledizione, una versione estrema della menzogna e una spina nel fianco per la società”.

Il timore di una protesta allargata. Erdogan, pur in preda a un cieco autoritarismo, è ben consapevole delle potenzialità dei social media e inizia a temere seriamente che la protesta possa assumere dimensioni tali da portare lui e il suo governo verso la via del non ritorno, ammesso che tale strada non sia già stata imboccata. Non si trova più davanti un centinaio di studenti ed ecologisti, ma centinaia di migliaia di persone appartenenti alle più disparate classi sociali, con il supporto di commercianti, imprenditori, proprietari di ristoranti e hotel.

Erdogan isolato. Dagli ambienti politici giungono inoltre segnali contrastanti, con il presidente turco Abdullah Gul che ha esortato i politici a prendere in considerazione le proteste della popolazione e il governatore di Istanbul, Huseyn Avni Mutulu, il quale aveva precedentemente dichiarato che la polizia non sarebbe intervenuta in piazza Taksim per interrompere le proteste. Un Erdogan che sembra ormai fuori controllo, in preda a un delirio autoritario che ha seriamente danneggiato la sua immagine sia a livello nazionale che internazionale e che rischia di trascinare la Turchia in una fase di decadenza e ben lontano dall’Europa.

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