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Diritto di critica | March 28, 2024

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Le "baby-squillo" e il cortocircuito mediatico - Diritto di critica

squilloIL GRAFFIO – Alcuni media le hanno chiamate “baby-squillo“, una definizione che quasi elegante, cinematografica, anche accattivante. In realtà si tratta non di “squillo” (eufemismo inventato chissà da chi, un po’ come “escort”) ma di bambine che si sono prostituite per soldi. Nei verbali le ragazzine sottolineano come nessuno le abbia costrette e l’indignazione generale monta nei confronti di una generazione che ormai pare aver perso qualsiasi tabù. Nulla di più ipocrita.

Come spesso accade con una frequenza sempre più allarmante, infatti, ci si scandalizza più per le bambine-prostitute che non per i clienti, citati solo in rari casi. Si critica il sistema additandolo come immorale senza riflettere che l’intero meccanismo sta in piedi grazie ai clienti, grazie a tutti quei frustrati che non sanno o non vogliono amare una donna e si riducono a pagare quella parvenza di calore umano a orologeria. In questo caso, inoltre, a fare notizia è stata l’età delle ragazze finite al centro dell’inchiesta e ancora una volta ci si è concentrati sul meccanismo e poco si è calcata la mano su quanti accettavano e richiedevano di andare a letto con le bambine: se non ci fossero i clienti – maschi adulti che stringono corpi che potrebbero essere quelli delle loro figlie – non ci sarebbero neanche le “baby-squillo”.

Per comprendere il meccanismo “adulto”, sotteso all’operazione di convincimento messa in atto nei confronti delle bambine, basta leggere i virgolettati pubblicati oggi dal Corsera e relativi alle indagini:

Ragazza: Non è sfruttamento alla prostituzione perché lui non mi ha costretto.
Pm: Ma tu ti sei informata vedo
Ragazza: Non vedo qual è il problema… a parte che io sono minorenne, ma se fossi stata maggiorenne, come lo fanno molte persone, nessuno mi avrebbe detto niente.
Pm: E quindi?
Ragazza: Secondo me non è reato perché lui non mi ha costretto a prostituirmi, cioè è stata una mia cosa, io non sono qui come vittima. Perché non è che sono la sua vittima.

E in un Paese in cui la prostituzione è stata ormai resa quasi un’arte nobile, istituzionale, anche attraverso campagne mediatiche che hanno iniziato sempre più ossessivamente a chiamare le ragazze non “prostitute” bensì “escort” o “squillo”, con notizie di stampa che raccontano di giovanissime giunte al successo dopo relazioni discutibili con potenti imprenditori o politici nostrani, il cortocircuito è qualcosa di prevedibile. Che il tutto venga poi gestito dalla criminalità organizzata, anche.

Twitter@emilioftorsello