Image Image Image Image Image Image Image Image Image Image

Diritto di critica | December 6, 2024

Scroll to top

Top

La tratta di esseri umani è il terzo business illegale al mondo

Dopo il traffico di droga e armi, il ''commercio'' degli schiavi coinvolge quasi 36 milioni di persone

È il terzo business più redditizio al mondo e commercia esseri umani. La tratta riguarda almeno 35,8 milioni di persone – tante la Caritas stima siano coinvolte nel traffico di schiavi a livello mondiale – e si alimenta di guerre e crisi umanitarie. Laddove scoppia un conflitto, entrano in azione loro, i trafficanti di persone. E non ci sono barriere che tengano.

A livello mondiale, secondo i dati di uno degli ultimi rapporti Caritas presentato il 22 aprile scorso, il 70% delle persone “trafficate” sono donne e bambini, le categorie quindi più deboli e che maggiormente risentono degli effetti di crisi e conflitti.

Tra gli “hub” principali per le partenze, come ovvio, la Libia. L’ultimo trafficante – un siriano che operava nella zona di Bengasi – arrestato in ordine di tempo è stato fermato oggi in Libia, secondo quanto riferisce il giornale online Akhbar Libya 24. L’uomo coordinava l’arrivo dei profughi siriani nel Paese attraverso l’aeroporto di Labraq. I migranti ricevevano documenti falsi e venivano portati a Bengasi dove si imbarcavano su imbarcazioni fatiscenti e chiatte diretti verso l’Italia. Mentre qualche settimana fa la Corte d’Assise di Palermo ha condannato a trent’anni di carcere Mouhamud Elmi Muhdin, il 34enne originario della Somalia considerato tra i responsabili del naufragio in cui – il 3 ottobre 2013 – persero la vita 366 persone. Durante il processo, lo scafista ha raccontato delle condizioni in cui erano stati costretti a vivere i migranti, prima di partire per le coste italiane. Superato il deserto, le vittime sono state rinchiuse in un appartamento al confine tra il Ciad e la Libia, subendo violenze, stupri e torture. Per poter essere imbarcati per l’Italia, i migranti dovettero attendere il pagamento di tremila dollari a testa.

Ma a creare situazioni di crisi non sono solo le guerre e i conflitti. Anche un terremoto può scardinare le convenzioni sociali e alimentare il traffico di persone. Secondo il report Caritas, ad esempio, in Nepal, già prima del sisma di un anno fa, 20-25mila bambine erano sfruttate nei lavori domestici, mentre quasi ottomila donne nel Paese venivano trafficate per lo sfruttamento sessuale. Altre 10-15mila tra donne e bambine nepalesi venivano invece portate in India. Il terremoto ha solo aggravato questa situazione, smantellando di fatto le protezioni sociali che garantivano un minimo di normalità nel Paese.

E la tratta coinvolge anche nazioni come la Nigeria, con vere e proprie “scuole” illegali per insegnare la prostituzione a ragazze e bambine che poi vengono portate in Europa o sfruttate anche all’interno del Paese. Nel nostro continente le donne vittime di tratta arrivano spesso con regolari voli e visti, grazie al supporto delle cosiddette “confraternite”, una rete di trafficanti che a livello internazionale gestisce questo commercio. Dall’Africa come dai Paesi dell’Est, da dove le ragazze arrivano con un visto per “motivi di spettacolo”, come ballerine. Salvo poi scomparire nei night di provincia e nel giro della prostituzione.

Papa Francesco – ha sottolineato don Francesco Soddu, direttore di Caritas Italiana, a margine della presentazione del rapporto “Tratta di esseri umani. Disumana e globale” – ci ha esortato a ‘incidere sui meccanismi che generano ingiustizia’ e ad ‘operare contro ogni struttura di peccato, educando singoli e gruppi a stili di vita consapevoli, così che tutti si sentano davvero responsabili di tutti’”. “E noi sappiamo – ha aggiunto – che le enormi disuguaglianze che caratterizzano l’umanità e i meccanismi che le generano sono anche alla radice di questo fenomeno della tratta. Ecco perché sollecitiamo politiche nazionali e internazionali di contrasto e prevenzione, così come scelte individuali consapevoli delle responsabilità che i nostri stili di vita hanno anche verso le persone vittime di tratta”.

@emilioftorsello