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Diritto di critica | April 18, 2024

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Olimpiadi, il no del Movimento per paura di sporcarsi le mani - Diritto di critica

Rinunciare ai Giochi olimpici significa dire no a 5 miliardi di euro che la Raggi potrebbe utilizzare per prolungare la metro e realizzare strutture sportive che mancano nella Capitale

Cari sindaci d’Italia, rinuncereste mai a 5 miliardi di euro per amministrare il vostro comune? Probabilmente no. Ma non è dello stesso avviso il Movimento 5 Stelle a Roma. Questi soldi arriverebbero da governo e dal Comitato Olimpico internazionale per organizzare le Olimpiadi a Roma nel 2024. Soldi che dovrebbero servire per realizzare infrastrutture sportive, convertire la Vela di Calatrava che da piscina mai ultimata potrebbe diventare un palazzetto dello sport e realizzare la prosecuzione della metro A fino a Tor Vergata, sede di un importante ospedale e della seconda Università capitolina.

Non fare, per non sbagliare. Il M5S vuole rinunciare alle Olimpiadi perché teme che questi soldi finiscano in mano ai soliti noti e che le strutture sportive diventino cattedrali nel deserto, come d’altronde è già successo in altre città che hanno ospitato i Giochi in passato, come Torino (per quelli invernali) e Atene (per quelli estivi). Tutto giusto se non ci fosse un “ma”. Il Movimento è al governo di Roma. E sta lì perché quasi il 70% dei romani gli ha conferito il mandato di governare, cioè di fare ciò che le amministrazioni precedenti non hanno fatto. Appalti “puliti”, infrastrutture e buona gestione della cosa pubblica. Scegliere di non fare significa non volersi sporcare le mani per paura di sbagliare. Ma se errare è umano, ci si aspetta dagli “onesti” che si faccia, e si faccia bene.

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Beppe Grillo ha scavalcato Virginia Raggi: «No alle Olimpiadi»

Quello di cui Roma ha bisogno. Chi sostiene che la città di Roma non sia in grado di sopportare un evento che dura circa due settimane nel mese di agosto, dimentica i due Giubilei che la città ha avuto negli ultimi 16 anni, per non parlare della canonizzazione dei papi. Roma può farcela. E soprattutto Roma ha bisogno del prolungamento della metro A, ha bisogno di nuovi impianti sportivi e ha bisogno di lavoro. Con 5 miliardi molte persone potrebbero essere impiegate come operai per la realizzazione delle infrastrutture, e con queste ne gioverebbe la collettività, oltre ad un evidente ritorno economico per la città.

Strutture sportive, queste sconosciute. Per quanto riguarda le infrastrutture sportive, preme sottolineare come oggi sia difficile – se non impossibile – organizzare eventi sportivi che non riguardino il calcio e il rugby. Mancano gli spazi adeguati e moltissime associazioni sportive si ritrovano ad operare in fatiscenti strutture scolastiche, prive di qualsiasi idoneità. La Raggi farebbe bene ad ascoltare queste realtà ancor prima dei tanti atleti che in queste ore stanno chiedendo a gran voce le Olimpiadi a Roma.

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Le torri “Ligini” all’Eur di Roma. Uno scempio nel centro economico della città. Rimarranno degli scheletri di cemento armato ancora a lungo

I guai dell’Eur. Se foste sindaco di Roma, rinuncereste, quindi, alle Olimpiadi e a quei 5 miliardi? Certamente no. Ma nelle prossime ore è molto probabile che alle parole di Beppe Grillo seguiranno i fatti: niente Giochi a Roma. Paradossale? Né più né meno il disastro compiuto dalla stessa giunta Raggi a fine agosto, quando la sindaca ha tolto il permesso a costruire a Telecom, che aveva deciso di realizzare il proprio quartier generale all’Eur di Roma, nelle due torri “Ligini”. Il motivo? Un’indagine della procura sugli oneri di concessione troppo bassi versati da Alfiere, la joint venture tra Telecom e Cdp immobiliare, che avrebbe dovuto costruire la nuova sede del gruppo. Tutto giusto, se non ci fosse un piccolo dettaglio che è sfuggito ai più. Queste torri, una volta sede del Ministero delle Finanze dovevano essere abbattute e iniziarono ad essere smantellate. A tutt’oggi le torri sono scheletri di cemento armato che nessuno vuole. Solo la precedente amministrazione Telecom aveva dimostrato interesse per utilizzare come nuovo quartier generale. Ma il nuovo a.d. Flavio Cattaneo ha ritenuto che l’opera non sarebbe stata utile alla compagnia. Molto probabilmente Tim/Telecom avrebbe rinunciato alla realizzazione del nuovo quartier generale, pagando le alte penali previste. Invece, con la revoca del permesso a costruire, il comune di Roma si ritrova senza i soldi delle penali (che non può più esigere) e con un manufatto da demolire. Un affare.