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Diritto di critica | April 23, 2024

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Le mani della criminalità sugli autotrasporti - Diritto di critica

Deregolamentazioni, assenza di controlli, concorrenza spietata e sfruttamento: viaggio nel settore degli autotrasporti al Nord, dove a comandare sono i "padroncini" e le cooperative di facciata

Divorano ogni giorno centinaia di chilometri. Da un capo all’altro dell’Italia e dell’Europa, gli autotrasportatori reggono l’organizzazione, la logistica e i rifornimenti del Paese pagandone il prezzo sulla propria pelle: turni di lavoro massacranti, condizioni di sfruttamento e una crescente “zona grigia” che amplia sempre di più le possibilità di concorrenza sleale, di infiltrazioni mafiose e di proliferazione di sistemi di lavoro soltanto in apparenza legali. Non è un caso, infatti, che il complesso settore degli autotrasporti – dalla GDA fino ai corrieri e al facchinaggio – sia ad oggi uno di quelli su cui più di tutti si stanno concentrando inchieste e indagini riguardanti l’economia dei clan. Soprattutto al nord.

Le dinamiche di sfruttamento in un settore fortemente deregolato

«Il settore dell’autotrasporto è vasto e fino a poco tempo fa era praticamente inesplorato a livello sindacale – spiega Emanuele Barosselli, segretario della FILT- CGIL Lombardia, con delega al trasporto merci e alla logistica –. Questo ha portato al proliferare di un sottobosco di irregolarità e illegalità, che si nutrono della sostanziale deregolamentazione del contratto nazionale in materia e della difficoltà di stabilire regole univoche per un mondo complessissimo e in costante mutamento».

Quello degli autotrasporti è un settore che meno di altri ha risentito della crisi: al contrario, l’esplosione subìta negli ultimi anni ha reso ancora più spietata la concorrenza tra aziende e ampliato ulteriormente i margini di sfruttamento. Un esempio? La moltiplicazione delle cooperative di trasporto “di facciata”, che utilizzano il sistema cooperativo, la loro flessibilità e gli sgravi fiscali previsti come paravento per arruolare schiere di dipendenti de facto, ma senza tutele, gestiti da presidenti di cooperativa che altro non sono se non padroni a tutti gli effetti. «Nel regolamento cooperativo c’è la possibilità di deroga al contratto nazionale dell’autotrasporto – spiega ancora Barosselli – , il che significa che il potere ricattatorio di questi “padroncini” è enorme: l’assenza di controlli e di regole all’interno di sistemi apparentemente legali fa sì che basti la minaccia di licenziamento per ottenere ciò che si vuole. È ormai prassi abituale, ad esempio, usare il sistema della “diaria” fissa anziché pagare gli straordinari: capita così che lavoratori formalmente “assunti” per 4 ore al giorno lavorino in realtà dodici ore giornaliere, ma pagati in diaria, che chiaramente conviene al titolare».

Lombardia e trasporti: i numeri del business

La casistica riscontrata dalla FILT-CGIL in Lombardia getta un’ombra sui numeri positivi evidenziati invece dalla Camera di Commercio di Milano, che parlano di un settore in forte crescita nella regione rispetto al resto del territorio nazionale e di una vocazione altamente produttiva: secondo le elaborazioni effettuate sul registro imprese 2014 e 2015, in Lombardia sono 28mila le imprese attive nel settore dei trasporti, con 230 mila addetti e 39 miliardi di euro di fatturato, pari al 20% del fatturato su base nazionale. E se il settore perde uno 0,7% di imprese annue, il numero di addetti cresce invece del 3%. Nello specifico, ad occupare il maggior numero di addetti sono il settore dei trasporti terresti (97mila) e quello del magazzinaggio (91mila). Il maggior numero di imprese del settore si concentra a Milano (14mila), con un fatturato quantificabile in circa 26 miliardi di euro; seguono poi – sia per numero di addetti che per fatturato – le province di Brescia, Bergamo, Monza e Varese.

Autotrasporti e caporalato

A fronte della crescita, resta però il fatto che la frammentazione dell’universo cooperativo nel settore, la vastissima concorrenza, la difficoltà di verifica riguardo l’applicazione di contratti regolari e la quantità di interessi concomitanti che vi si riversano lasciano comunque amplissimi spazi per il riciclaggio di denaro, false fatturazioni, evasione contributiva, ma anche per meccanismi di reclutamento assimilabili al caporalato, nei quali i lavoratori vengono assoldati dai caporali alla giornata e portati a lavorare, ad esempio, come facchini nei poli fieristici. «Alcuni esempi su Milano? La zona dell’Ortomercato, alcune aree di Via Padova, l’hinterland milanese a cavallo di Pioltello e Cornaredo. Tutte zone dove sono state trovate piazze di reclutamento per i caporali – spiega ancora Barosselli -. Il sindacato può provare a mettere una pezza, ma servono pesanti interventi da parte della politica e delle istituzioni per regolamentare un settore così selvaggio e garantire controlli e rispetto delle regole. Qui si parla di decine di migliaia di persone ricattate e sfruttate, e tutte le realtà sindacali messe insieme non arrivano a rappresentare il 25% del settore».

Le infiltrazioni mafiose nel settore

Secondo Cinzia Franchini, titolare con il marito di un’azienda di autotrasporti nel modenese e dal 2011 presidente nazionale della FITA – CNA, il settore dell’autotrasporto ha un’importanza strategica perché «gestire la logistica significa gestire l’intero Paese: permette di entrare nelle case, nei supermercati, nelle aziende. È un potenziale enorme e un rischio altissimo, perché offre un potere tale da relazionarsi ad alti livelli direttamente con la politica ed influenzarne così le decisioni». Con Cinzia Franchini la FITA-CNA si è costituita parte civile sia nel processo Caronte a Catania (dove la costituzione non è stata accolta) che nel recentemente avviato processo Aemilia a Reggio Emilia contro il clan Ercolano Santapaola, attivo nel settore dell’autotrasporto. «Ma alle udienze non c’è nessuno dei “miei” imprenditori – racconta Franchini -, hanno paura di ritorsioni». La Franchini ha iniziato a denunciare partecipazioni dubbie all’interno della rappresentanza sindacale del settore autotrasporti già nel 2009, quando era presidente della FITA – CNA regionale, evidenziando quelle aziende non troppo trasparenti e sollevando l’opportunità che continuassero ad essere iscritte negli organismi di rappresentanza politica: «mi è stato fatto il vuoto attorno», spiega Franchini, secondo cui c’è tuttavia da segnalare un aspetto positivo: «nel corso degli anni si è passati dalla non trattazione del tema “infiltrazioni” nel settore all’approvazione di alcune norme per contrastare il fenomeno. Ad esempio, da due anni è in vigore la norma secondo cui le imprese che sono soggette a interdittiva antimafia siano anche momentaneamente sospese dall’albo degli autotrasporti. È un piccolo passo avanti, sebbene non sia a conoscenza di aziende effettivamente sospese per questo motivo». Ad oggi, continua Franchini, «non si può però più parlare solo di infiltrazione mafiosa nel settore: oggi i clan di ‘ndrangheta possiedono direttamente le proprie aziende, hanno imprese strutturate e importanti sebbene nate da capitali illeciti. Le iniezioni di liquidità proveniente da traffici criminali permette però a queste aziende di imporsi sul mercato a prezzi estremamente vantaggiosi. Ma perché non si va a vedere cosa si cela dietro quei prezzi tanto al ribasso?».