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Diritto di critica | April 21, 2024

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Sicilia, le elezioni che dicono tutto e niente

Vince il centrodestra delle larghissime intese, bene i 5 Stelle che correvano soli, crolla (ancora) il Pd. Ma nessuno sfonda. Banco di prova per il voto nazionale o meno, queste Regionali, forse, non ci raccontano nulla di nuovo

Niente di (particolarmente) nuovo sotto il sole siciliano. Il “patto dell’arancino” funziona e sigilla l’efficacia reciproca di un’alleanza (l’ennesima) tra le anime del centrodestra, riunite al desco dall’highlander Silvio Berlusconi: nella corsa per la presidenza della Regione Sicilia il candidato Nello Musumeci è arrivato oltre il 39 per cento, superando di una manciata di punti il grillino Giancarlo Cancelleri, che rifiutando intese e coalizioni ottiene relativamente un buon risultato. E non è nemmeno così eclatante, sebbene procuri ogni volta un’ulcera sia ai renziani che ai fondatori fuoriusciti, l’empasse del Pd, che si sa in affanno incosciente da ormai innumerevoli mesi. Più che le novità, in queste Regionali contano le conferme, in un senso e nell’altro, e resta il dubbio che lo scenario isolano non debba per forza corrispondere a quello nazionale.

  • La conferma del partito del “non voto”: più di siciliano su due non ha votato, ovvero è andato alle urne appena il 46,76 per cento degli aventi diritto. Nonostante l’opera di persuasione e la roboante campagna elettorale, l’affluenza è in calo dello 0,65 per cento rispetto alla tornata del 2012. Sarebbe illuminante capire nel dettaglio quanti tra gli astenuti siano gli indecisi o sfiduciati “generici”, quanti gli orfani di un centrosinistra old style e antirenziano, e quanti non siano più convinti dei Cinque Stelle.
  • La conferma dell’amuleto Berlusconi: Maroni lo ha definito “immortale”, lui prende sottobraccio Lega e Fratelli d’Italia e ribadisce con i fatti che senza di lui Forza Italia non esiste. Nella più classica delle larghe intese, conquista la Sicilia. E il centrodestra capisce che l’unione fa la forza.
  • La conferma della crisi: il Pd perde ancora (sei punti in meno rispetto al 2012) ed è ben lontano dai numeri del centrodestra e del M5s. Una disfatta prevista ma che evidenzia ancora una volta come le divisioni e le polemiche interne stiano sfasciando il partito. L’ingombrante personalità del suo leader, che si ostina a non voler parlare di resa dei conti o ridimensionamento, complica le cose. Il 13 novembre è convocata la direzione: sia che si riparli di alleanze, sia che si affronti la questione leadership in vista delle elezioni del 2018, il Pd dovrà agire in fretta.
  • La conferma del M5s, pur tra gaffes e occasioni perse: il Movimento annunciava una svolta epocale e dominio sugli altri partiti in Sicilia ma, pur facendo ottimi numeri (si è presentato da solo e di fatto è il primo partito della Regione), non riesce a superare l’avversario. Tra accuse di brogli post-elezioni e mosse altalenanti sul piano nazionale, quanti sono i siciliani delusi usciti dal loop mentale della protesta e del cambiamento, e quanti saranno nel Paese?