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Diritto di critica | November 8, 2024

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"Capitano, oh mio Capitano". L'Italia si risveglia leghista

di | 27 Mag 2019Aggiungi questo articolo al tuo Magazine su Flipboard

Salvini trionfa ben al di là di qualsiasi aspettativa mentre il Movimento precipita nel baratro. E ora rischia di dividersi

Diciamolo subito: un italiano su tre ieri ha votato per Matteo Salvini. Un risultato che non ha necessità di commenti. I rosari, le madonne e i clandestini hanno avuto la meglio sul reddito di cittadinanza. E soprattutto hanno avuto la meglio sui problemi reali di questo Paese. Problemi che non sono legati all’identità cristiana e alle invasioni barbariche, bensì al grande immenso debito pubblico e a un’economia ferma al palo da troppo tempo. Salvini questo lo sa e nella conferenza stampa di questa notte ha festeggiato poco e si è presentato agli italiani come l’uomo della responsabilità. “La festa dura il tempo di una serata. Sarà un periodo economico complicato”, ha detto. “Siamo consapevoli delle difficoltà che ci aspettano”.

Il matrimonio di Salvini, con gli italiani. Ora bisogna vedere se Salvini voglia spingere il piede sull’acceleratore dell’economia, rimodulando la proposta della flat tax in favore di un taglio del cuneo fiscale. Sa che tra un anno potrebbe ritrovarsi ai livelli di un Movimento annichilito come quello di oggi se non saprà cambiare la situazione. Ha lasciato finora l’economia in mano a Luigi Di Maio. Lo ha fatto scottare, se non addirittura bruciare, con l’economia. Lui, invece, ha fatto ben poco. Si è concentrato sui migranti anche sfruttando la lunga scia delle politiche di Marco Minniti, ma ha lasciato il resto del campo ai 5 stelle. Ora, come dice, è il momento della responsabilità. Non può, infatti, di fronte a un risultato così ampio, far finta di niente. Deve prendere in mano il governo e deve farsi forza trainante, dopo aver cercato e trovato un sorpasso che forse va anche al di là delle sue aspettative.

Gigi si è scottato. Di Maio, invece, è il grande sconfitto di questo voto. Che i 5 stelle potessero subire un sorpasso e un calo dei voti era prevedibile dai sondaggi. Non ha funzionato quel cambio di passo verso sinistra. Anzi, i cambi continui e gli ammiccamenti a senso alternato tra sinistra e destra hanno disorientato il proprio elettorato, facendo perdere al Movimento le “ali”. L’alleanza con la Lega è stata fatale: ha prima perso i voti di “sinistra” o gran parte di questi per aver stretto un’alleanza con un partito di destra decisamente conservatore. A poco sono serviti i giri di parole intorno al termine “contratto di governo”. Poi all’ultimo, con lo spostamento a sinistra, ha spinto gli elettori di destra a guardare verso la Lega. Insomma, un vero disastro di cui forse l’uomo di Pomigliano non è l’unico colpevole. Ora per il Movimento inizia un periodo complicatissimo. La leadership di Di Maio è compromessa definitivamente. Può continuare a guidare il partito nel quale, è evidente, emergeranno tante crepe e spaccature. Inizieranno le recriminazioni e il governo rischierà di fermarsi proprio a causa di defezioni dalla parte più movimentista dei 5 stelle. È probabile che avesse avuto ragione Grillo qualche anno fa quando sottolineava l’importanza di non allearsi con nessun partito della “vecchia politica”. Forse perché immaginava quello che sarebbe successo.

I Meloni del Capitano. Ora i 5 stelle devono guardarsi le spalle anche da Giorgia Meloni che raccoglie il 6,5%, un tesoretto importante che potrebbe sommarsi ai voti della Lega, in caso di elezioni anticipate per formare un governo di “destra-destra”. Un’alternativa che metterebbe fuori gioco definitivamente i 5 stelle.

Un Commissario sornione. Tra lo sconfitto e il vincitore c’è un terzo incomodo: il Partito democratico. Nicola Zingaretti è riuscito nell’intento di evitare il tracollo di un partito che fino a qualche mese fa navigava in uno stato confusionale da ricovero. È riuscito a dargli vita ma senza exploit. In un agone politico segnato dai leader, Zingaretti – spesso troppo sobrio, troppo sorridente e troppo vago – è riuscito a tenere la testa fuori dall’acqua. Non era scontato. Ma in molti pensano che il vero lavoro elettorale sia stato fatto da un Carlo Calenda fenomenale nei dibattiti politici e sicuramente più carismatico del presidente della Regione Lazio. E forse, con un po’ più di spazio e con l’appoggio convinto del partito, potrebbe diventare il nuovo leader del centro-sinistra, privo di altre figure in grado di catalizzare voti nel post-renzismo.

Silvio, non pervenuto. Il crollo di Forza Italia è invece un male per il centro-sinistra perché poteva rappresentare non necessariamente un alleato per un futuro governo, quando un argine a Salvini. Invece, il “Capitano”, cannibalizza anche l’elettorato di Berlusconi.

Infine, l’Europa. Se l’Italia vira decisamente a destra, l’Europa vede un crollo dei popolari (forse anche a causa della debacle di Berlusconi in Italia) e una svolta verso il centro-sinistra europeista. Se, quindi, per Salvini le cose si mettono per il meglio a Roma, a Bruxelles la situazione si complica. E la nuova Commissione difficilmente accetterà sforamenti che possano mettere a rischio la stabilità finanziaria dell’Italia.