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Diritto di critica | May 8, 2024

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Il nastro di Fassino. Perchè è il Watergate italiano? - Diritto di critica

Il nastro di Fassino. Perchè è il Watergate italiano?

Per capire bene il motivo di questa comparazione bisogna innanzitutto ricordare cos’è stato il Watergate originale, quello che portò alle dimissioni del presidente americano Richard Nixon e alla condanna di molti membri del suo staff. I fatti si svolsero nel biennio 1972/74  e iniziarono a svelarsi all’opinione pubblica attraverso l’arresto di cinque uomini «entrati nel quartier generale del Comitato nazionale democratico, la principale organizzazione per la campagna e la raccolta fondi del Partito democratico. Gli uomini erano entrati nello stesso ufficio anche tre settimane prima, ed erano tornati per riparare alcune microspie telefoniche che non funzionavano e, secondo alcuni, per fare delle fotografie». Uno di questi, McCord, che inizialmente «si identificò come un’agente della CIA in pensione» era «ufficialmente impiegato come capo della sicurezza al Comitato per rieleggere il presidente»

Una situazione che inizio a rendersi molto pesante per il presidente Nixon, grazie anche a  due reporter del Washington Post, Bob Woodward e Carl Bernstein che investigando sullo scasso riuscirono a tener puntati i riflettori sul caso Watergate  pubblicando anche materiale considerato secreto e arrivato loro mediate un informatore anonimo soprannominato “Gola profonda” e identificato solo nel 2005, quando William Mark Felt, il numero due dell’FBI nei primi anni settanta ammise il suo doppio ruolo.

«Il 27 luglio 1974 la Commissione Giudicante per la Camera dei Rappresentati votò a favore dell’impeachment di Nixon con una votazione di 27 a favore e 11 contrari, per l’accusa di aver ostacolato il corso delle indagini. Il 29 luglio 1974 e il 30 luglio 1974, la stessa Commissione Giudicante imputò al Presidente Nixon altre due accuse, abuso di potere e ostacolo al Congresso. Nel mese di agosto venne scoperta una cassetta registrata il 23 giugno 1972 nella quale era conservata una conversazione tra Nixon e Haldeman, i quali pianificavano di ostacolare le indagini sullo scandalo facendo trasmettere un falso comunicato da parte della CIA rivolto all’FBI sulla necessità di copertura delle prove per motivi di sicurezza nazionale. La scoperta di questa cassetta venne definita dalla stampa una vera e propria pistola ancora fumante. Con poche eccezioni, le defezioni tra le file dei pochi sostenitori rimasti di Nixon furono complete». In poche parole  si scoprì che in quel bienni ci fu «l’abuso di potere da parte dell’amministrazione Nixon allo scopo di indebolire l’opposizione politica dei movimenti pacifisti e del Partito democratico».

Il caso italiano,  iniziato attraverso una denuncia alla procura di Milano dell’on Di Pietro è nei fatti sicuramente molto diverso dal quello americano ma verosimilmente molto simile negli effetti e nelle conseguenze, almeno per una parte politica. Come già raccontato alcuni mesi fa, tutto partì da un incontro ad Arcore la Vigilia di Natale del 2005 in cui Silvio  e Paolo Berlusconi avrebbero ascoltato un’intercettazione non ancora trascritta da nessun tribunale nella quale si sentiva l’on. Fassino pronunciare la oramai nota frase «Allora, abbiamo una banca?». Intercettazione che una settimana dopo, il 31 dicembre Il Giornale (Famiglia Berlusconi) pubblicò in prima pagina, accendendo i riflettori su un centrosinistra in grande vantaggio nell’allora campagna elettorale  ma che arrivò al quasi “pareggio” alle elezioni nazionali del maggio successivo.

Come ha raccontano Gianni Barbacetto sul Fatto Quotidiano «Favata avrebbe fatto da postino  tra Raffaelli e Paolo Berlusconi. Non ha portato soltanto, secondo quanto racconta, la chiavetta usb con l’intercettazione proibita, ma anche denaro», motivo per cui la procura di Milano avrebbe «nel marzo 2010 iscritto nel registro degli indagati Paolo Berlusconi: per millantato credito, nell’ipotesi che abbia incassato lui i soldi portati mensilmente da Favata (un totale di 560 mila euro), promettendo di darsi da fare presso Valentini, ma tenendo invece i soldi per sé» e nuovamente nel  giugno 2010 «indagato anche per ricettazione: per aver ricevuto l’intercettazione segreta. La procura di Milano si è dunque convinta che Paolo l’abbia davvero ricevuta, quella chiavetta usb portata da Raffaelli».

Un Watergate nostrano che tra le maggiori differenze dall’originale avrebbe proprio la sua riuscita, causando in parte il declino di una parte politica che, sicuramente non è esente da colpe, è stata mediaticamente attaccata in quella campagna elettorale mediante il presunto uso di mezzi illegali. Identici mezzi ma stavolta legali quelli che negli anni successivi lo stesso Presidente del Consiglio Berlusconi non ha  mancato di criticare o sminuire quotidianamente, portando inoltre  avanti un tipo di proposte di legge con il Ddl Intercettazioni che di fatto ha nelle sue righe l’intendo di diminuire drasticamente la possibilità d’utilizzo di queste “armi” da parte della magistratura,  senza dimenticare l’altra faccia della medaglia e cioè l’impossibilità di pubblicazione da parte dei giornali . Un caso, questo del “nastro di Fassino” che se comprovato diverrebbe un ulteriore macigno, forse anche quello più pesante e definitivo sulla spalle già provate del governo Berlusconi IV.