Rai, Sky e...un conflitto di interessi a forma di bavaglio - Diritto di critica
“Il conflitto di interessi non esiste. Abbiamo fatto una legge qualche anno fa…Zelig ne è una dimostrazione”. Enrico La Loggia, deputato del Pdl ne è convinto e lo ha spiegato questa mattina ad Agorà. Berlusconi non controlla più Mediaset né tantomeno la Rai. Allora non si capisce perché il Parlamento voglia inserire un regolamento che obblighi una conduzione “a targhe alterne” dei due talk show di prima serata, Ballarò e Annozero. E non si capisce nemmeno il perché il governo si stia impegnando in ogni modo per bloccare l’arrivo di Sky sul digitale terrestre. Tutte scelte “volte a migliorare il pluralismo dell’informazione”, spiegano. Altro che conflitto di interessi.
Presentatori a targhe alterne
“Diversa estrazione culturale”. Questo è il cardine sul quale Alessio Butti, senatore del Pdl, propone di creare un’alternanza di settimana in settimana tra conduttori di talk show di prima serata. Per Butti questo indirizzo è necessario per creare maggiore pluralismo e per cancellare la rendita di alcuni conduttori. Due nomi a caso: Giovanni Floris e Michele Santoro.
“Tenuto conto dell’attuale distribuzione, durante la settimana, delle diverse tipologie di trasmissioni, che concentrano nella prima serata del martedì e del giovedì i programmi più importanti di approfondimento politico, la Rai valuti l’opportunità di sperimentare l’apertura di altri spazi informativi e/o di approfondimento affidati ad altri conduttori, da posizionare negli stessi giorni, alla stessa ora, sulle stesse reti e con le stesse risorse esistenti secondo una equilibrata alternanza settimanale”, si legge nel testo depositato da Butti. Il parlamentare del Pdl non è nuovo a queste idee. Poche settimane fa, infatti, aveva prosto che ogni tematica informativa potesse essere trattata solo una volta a settimana, “per evitare la ridondanza”, aveva spiegato. Inoltre aveva chiesto che venisse introdotta la par condicio nella satira e che i palinsesti Rai venissero definiti dalla commissione di Vigilanza Rai, cioè da un organo politico, poiché composto da senatori e deputati.
Governo contro Sky, ovvero Berlusconi contro Murdoch
“Un imprenditore statunitense non può mettere le mani su un bene strategico nazionale come le frequenze tv”. È la tesi del governo che nega, per ora, a Sky di vedersi assegnate alcune frequenze del digitale terrestre. C’è un problema di reciprocità – insiste il governo – perché negli Usa un imprenditore italiano non avrebbe questa libertà. Peccato che Sky Italia è una società a responsabilità limitata italiana ed è associata alla sorella maggiore britannica. Si tratta quindi non di società straniere come vuole far credere il governo, ma di società comunitarie già attive in Europa da diverso tempo. Per questo il Consiglio di Stato ha redatto un parere lungo 35 pagine per dare il via libera a Sky, forte dell’applicazione della norma europea sulla libertà di stabilimento. In fondo si tratta di garantire maggiore pluralismo, di rafforzare l’offerta e di scombinare il duopolio Rai-Mediaset.
Mentre sul tavolo del commissario Ue alla concorrenza, Joaquin Almunia è aperto un fascicolo sulla questione, al governo non resta che avviare la gara per l’assegnazione delle frequenze. Ma ad oggi, fanno sapere fonti della Commissione europea, da parte dell’esecutivo italiano non sono pervenute notifiche dell’adozione del bando di gara.
E dopo la vicenda delle quote latte, il governo italiano rischia una nuova super-multa, che pagherà lo Stato, cioè tutti i cittadini, in nome dell’ “interesse nazionale”, del “pluralismo dell’informazione” e, soprattutto, del conflitto di interessi.
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