Quando De Magistris diceva: "Resto a Strasburgo" - Diritto di critica
Quella appena conclusa è stata una settimana importante per il centrosinistra napoletano. Luigi De Magistris, eurodeputato IDV e padre dell’inchiesta “Why not” della procura di Catanzaro, ha rotto gli indugi lanciando la propria candidatura a sindaco di Napoli. Le reazioni sono state diverse, tenendo conto del ruolo a Strasburgo di De Magistris, del suo rinvio a giudizio per omissione d’atti di ufficio e della situazione politica della coalizione del centrosinistra partenopeo, dopo la richiesta di ritiro (ottenuto) di Andrea Cozzolino conseguente alla bagarre delle primarie.
L’annuncio è giunto tramite il sito di Micromega, con un’intervista del direttore Paolo Flores D’Arcais, a conclusione di un pressing mediatico durato diversi mesi per convincere l’ex pm a raccogliere l’eredità di Rosa Russo Iervolino. Approfittando della confusione del Partito Democratico, commissariato da Roma con il deputato Andrea Orlando e ancora orfano di un candidato di punta dopo il rifiuto del giudice Raffaele Cantone (puntato da Walter Veltroni e Roberto Saviano), De Magistris ha parlato di una proposta anti-partitocratica, ponendosi a capo di una lista civica, pur chiedendo l’appoggio di PD, Sel e sinistra radicale (oltre che, ovviamente, dell’IDV, dal cui presidente Di Pietro giungono parole al miele), senza disdegnare un’apertura a realtà centriste e di centrodestra moderato che vogliano opporsi al PDL targato Nicola Cosentino.
L’esponente IDV, nonostante le rassicurazioni sulla natura della sua accusa, rimane un rinviato a giudizio. Il suo stesso partito, appellandosi al codice etico, ne aveva richiesto la sospensione (caldeggiata anche da Marco Travaglio, per rafforzarne la posizione una volta ottenuta l’assoluzione), ricevendo il rifiuto di fatto dell’interessato. Ci sono diversi tipi di rinviati a giudizio, forse. Più probabilmente è la dimostrazione che la fiducia in un politico va oltre un interessamento di una procura ai suoi danni e che tanto vale aspettare una sentenza di merito, prima di chiedere un passo indietro. O almeno selezionare il tipo di reati per cui un’iscrizione nel registro degli indagati o un rinvio a giudizio possa determinarne la sospensione o la non candidabilità.
L’alto profilo e la sua notevole forza elettorale (416mila preferenze alle europee del 2009, di cui 137mila nella circoscrizione Italia meridionale) non paiono bastare ad alcune parti in causa. Per il PD la sua disponibilità è sinonimo di spaccatura del tavolo delle trattative per trovare un nome condiviso (ma non si può escludere che alla fine si possa convergere su di lui, se non altro per mancanza di alternative e una campagna elettorale già partita). In disaccordo palese anche uno degli opinion leader che maggiormente ne caldeggiò l’elezione a Strasburgo: dalle colonne del suo blog, Beppe Grillo critica l’idea che De Magistris di abbandonare i banchi dell’UE, per la poltrona di sindaco, accostandolo alla simile scelta di Piero Fassino per il Comune di Torino (accusa “infamante” vista la posizione del comico genovese sull’ex segretario DS).
Lo stesso candidato, quando l’anno scorso si oppose alla candidatura di Vincenzo De Luca (Sindaco di Salerno) a Governatore della Campania, sottolineò la sua indisponibilità a ricoprire una carica diversa da quella attualmente occupata, confermando (inconsapevolmente) i sospetti di Grillo:
«La mia candidatura è comunque esclusa. Io sono stato eletto in tutta Italia per svolgere il mio lavoro al Parlamento Europeo, e vorrei portare a termine il mio programma, per il quale ho preso un impegno con tutta l’Italia, non solo con la Campania».
Alla prima occasione, seppur importante, a dominare è stato il principio dell’ubi maior, minor cessat. In una politica in cui un nome carismatico, da solo, rappresenta una parte fondamentale di un programma elettorale, verosimilmente si può anche lasciare un ruolo per ricoprirne un altro importante. Bisogna solo ricordarsene quando a fare certe scelte sono altri. A futura memoria.
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