Bambini poveri in aumento, l'Italia in crisi - Diritto di critica
Pochi figli e sempre più poveri. E’ questa la condizione demografica e sociale del nostro Paese secondo l’Ocse (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) che ha analizzato per la prima volta la condizione delle famiglie dei 34 Paesi membri. L’Italia è notevolmente al di sotto della media Ocse rispetto al tasso di fertilità, a quello di occupazione femminile. A tutto questo si aggiunge un elevato tasso di povertà infantile.
Conciliare lavoro e famiglia, quanto è difficile? La scelta di mettere su famiglia incide sull’occupazione delle donne che spesso devono scegliere tra un posto di lavoro e un figlio. Infatti, l’occupazione femminile è al 48%, contro una media Ocse del 59%. Di conseguenza, di fronte all’impossibilità o alla difficoltà di conciliare impiego e famiglia, le giovani coppie postpongono sempre più l’età in cui decidono di avere un figlio, così avanti che le probabilità poi di riuscire a mettere al mondo un bebè si riducono notevolmente. Anche per questo motivo il tasso di fecondità è basso. Circa il 24% delle donne italiane nate nel 1965 non ha avuto figli, contro il 10% della Francia. Un circolo vizioso dal quale è difficile uscire.
Poveri figli. D’altro canto l’occupazione di entrambi i genitori, ritenuta oggi fondamentale per mantenere un certo tenore di vita, è il presupposto fondamentale per evitare il rischio di povertà infantile, in considerazione delle elevate spese che si devono sostenere dal momento della nascita in poi. Per questo il 15% dei bambini italiani vive sotto la soglia di povertà mentre il rischio di cadere al di sotto di quella soglia è estremamente più alto, soprattutto in quelle famiglie colpite dai licenziamenti determinati dalla crisi economica. Inoltre, secondo le stime Ocse, il 22% dei bambini di famiglie monoreddito vivono in condizioni di indigenza, contro una media Ocse del 17%.
Lavoro e scuola poco flessibili. Un ruolo importante lo gioca anche la flessibilità degli orari di lavoro. Meno del 50% delle imprese con 10 o più dipendenti offre flessibilità ai propri dipendenti. A questo si aggiungono i tagli che hanno colpito l’istruzione. Chiusi molti pre e dopo scuola. Diventa quindi difficile per i genitori avere un lavoro a tempo pieno. L’alternativa è spesso un lavoro part-time, scelto dal 31% delle donne e dal 7% degli uomini.
“Rafforzate le politiche familiari e per l’infanzia”. Secondo l’Organizzazione internazionale è necessario rafforzare le politiche per l’infanzia e per il lavoro, soprattutto rimuovendo gli ostacoli all’occupazione femminile per colmare il gap con gli altri paesi. È un problema di risorse. Lo Stato italiano spende circa il 1,4% del Pil per politiche sociali rivolte all’infanzia, mentre nei paesi Ocse in media viene destinato il 2,2% del Pil.