Spazzatura e liquami: vita nel campo-ghetto dei profughi libici a Malta - Diritto di critica
Il pavimento è sporco, chiazzato di pozzanghere di acqua torbida, polvere, ma anche benzina e gasolio. Mancano i letti e l’illuminazione adeguata. L’atmosfera è irrespirabile, densa, carica dell’odore di corpi ammassati ed escrementi: i gabinetti – usati da donne, uomini e bambini senza distinzione – sono intasati, le docce sporche, i lavelli traboccanti. La denuncia arriva dall’hangar presso l’aeroporto di Hal Far, a Malta, dove è stato allestito un campo profughi che ospita all’incirca 400 persone. E che, secondo gli osservatori del Gruppo EveryOne per i diritti umani, non rispetterebbe i protocolli delle Nazioni Unite né quelli della Croce Rossa Internazionale in termini di condizioni igienico-sanitarie, diventando così una specie di campo-ghetto.
A raccontare la situazione in cui vivono queste persone – profughi eritrei ed etiopi giunti dalla Libia a seguito dello scoppio delle ostilità – è Dawit Metamu, etiope di 35 anni che si è fatto portavoce nei giorni scorsi dei residenti nel campo. Intervistato da Martina Siad per Malta Today, ha raccontato di essere arrivato a Malta il 29 marzo e di essere stato incarcerato e successivamente identificato e sistemato ad Hal Far con altri profughi sub sahariani nella sua stessa condizione. Molti di loro sono donne e bambini piccoli. «Siamo davvero grati al Governo maltese per averci salvati e accolti al nostro arrivo – ha spiegato Dawit nell’intervista – e capiamo che ha bisogno dell’aiuto dell’Unione Europea in questo frangente, ma non ci saremmo mai aspettati di dover vivere in queste condizioni».
Le testimonianze di Dawit e di altri profughi alloggiati nel campo di Hal Far parlano infatti di mancanza di giacigli – in ogni tenda sono alloggiate quattro persone, ma ci sono solo due materassi – e di servizi igienico-sanitari basilari: l’unica cucina infatti è sporca e mal funzionante e dovrebbe servire tutte e 400 le persone del campo, allo stesso modo dei bagni, luridi e non adeguatamente attrezzati. L’illuminazione è scarsa e sono poche le lampadine disponibili all’interno dell’hangar, dove non entra la luce del sole e il ricambio d’aria è impossibile, rednendo l’atmosfera irrespirabile e pesante. «Tutti i bambini qui sono al di sotto dei quattro anni: i più piccoli hanno quattro e sei mesi. – ha aggiunto ancora Dawit – Di notte fa freddo e vicino alle tende c’è la spazzatura: un odore di liquami, escrementi e ratti».
Il Gruppo EveryOne – già attivo da tempo per la salvaguardia e la tutela dei diritti dei profughi in fuga dai territori libici – si è fatto carico anche di questa situazione, rivolgendo un appello al Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, alla Croce Rossa e al Rapporteur sul Reinsediamento dei Rifugiati nell’Unione europea perché si intervenga immediatamente sulla situazione, organizzando l’accoglienza a Malta secondo i protocolli internazionali.
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