Fortapàsc: la Rai ricorda Giancarlo Siani - Diritto di critica
C’era una volta il programma televisivo ‘Non è mai troppo tardi’, condotto dal maestro e pedagogo Alberto Manzi. Una trasmissione, andata in onda dal 1960 al 1968, pensata per istruire gli adulti analfabeti e realizzata con tecniche all’avanguardia (filmati, supporti audio ed esercitazioni pratiche). L’icona di una televisione di qualità, figlia del dopoguerra e molto distante dalla figura che ha assunto l’emittente di stato negli ultimi anni, lottizzata dalla politica e vicina, pericolosamente, alle logiche commerciali che hanno fatto grande Mediaset.
La scelta di trasmettere ‘Fortapàsc’, pellicola diretta da Marco Risi, oggi in prima serata su Rai 1, riavvicina la televisione attuale a quella ‘di una volta’. Un’occasione per il grande pubblico, di accostarsi a temi scottanti affrontati recentemente dallo scrittore Roberto Saviano con Gomorra. Il palinsesto si arricchisce della storia di un cronista napoletano, un ‘abusivo’ del Mattino (giornalista senza contratto), esperto conoscitore della realtà di Torre Annunziata e Castellammare di Stabia, regno della camorra di metà anni ’80. Quando gli interessi della malavita organizzata campana (e dei corleonesi) si sposavano con la ricostruzione in seguito al terremoto del 1980. Il film è un omaggio a Giancarlo Siani, visto come giornalista, ma anche come ragazzo comune. Con le sue paure, le debolezze, le intuizioni, la grande passione che lo animava nel lavoro, anche se da abusivo. Un monito, anche, per i tanti precari nel giornalismo di oggi.
Già con la scena iniziale, Giancarlo Siani a bordo della sua Citroen modello ‘Mehari’ mentre è diretto al quartiere napoletano del Vomero e sullo sfondo la musica di Vasco Rossi, il regista svela quale sarà la sua strategia filmica: puntare molto sull’aspetto ‘umano’ del personaggio, interpretato da Libero De Rienzo. E, infatti, Risi si avventura poco nella geografia della malavita organizzata campana. Vago è l’accenno ai clan di camorra dei Nuvoletta (appoggiati dai corleonesi) e alla famiglia dei Bardellino, in lotta per assicurarsi il monopolio della ricostruzione post-sismica. Celebre la scena in cui il protagonista, insieme al caporedattore del Mattino sulla spiaggia di Torre Annunziata, si confronta sulla figura del ‘giornalista giornalista’, inteso come cronista d’inchiesta e paragonato al ‘giornalista impiegato’, categoria meno nobile, ma più adatta al sistema italiano.
“E’ il più bel regalo che si potesse fare a Giancarlo – ha detto il fratello Paolo Siani –. E’ davvero straordinario che dopo 26 anni la sua storia possa essere conosciuta davvero da tutti. Che il suo ricordo, grazie a Risi in primis, possa essere mantenuto così vivo, da Milano a Siracusa”. Siani fu raggiunto da una scarica di colpi di pistola sotto casa al Vomero, la sera del 23 agosto del 1985. La Corte di Cassazione ha confermato le sentenze di condanna per gli uomini del clan Gionta di Torre Annunziata e Nuvoletta di Marano. La causale dell’omicidio del cronista napoletano è stata fatta risalire, dagli inquirenti, a un articolo pubblicato due giorni prima. Nel pezzo, Siani adombrava ipotesi di tradimento da parte del clan Nuvoletta, con l’arresto del boss Valentino Gionta, per mettere fine alla guerra con l’altro clan della Nuova Famiglia, i Bardellino.
A nostro avviso, però, la decisione di eliminare Siani nacque non solo da ambienti malavitosi. Il giorno prima dell’arresto di Gionta, il cronista napoletano scriveva ad un’amica che stava completando un libro dossier su Torre Annunziata, con molte fotografie e notizie che nessuno aveva ancora pubblicato. Un volume che non è stato mai ritrovato. Siani si era costituito come il maggiore ostacolo per il sistema criminale governato dal sindaco Bertone. Con la legge 219, approvata con urgenza dal Parlamento nell’estate del 1981, affluirono grandi quantità di denaro nelle zone colpite dal sisma. La società Imec, con sede a Torre Annunziata, fu una delle prime ad assicurarsi i fondi per la ricostruzione.
Pellicola pregevole e precedente al film di Marco Risi, ‘E io ti seguo’ di Maurizio Fiume (produzione indipendente e vincitrice del ‘Premio Cinema Democratico’) approfondisce ed esalta il grande lavoro giornalistico svolto da Giancarlo Siani. La pellicola prende spunto dalla ipocrita affermazione ‘e io ti seguo’, con la quale in molti lo invitavano ad esporsi in prima persona, ad avviare le sue inchieste, promettendo di seguirlo qualora le prove fossero state più evidenti. Unico estimatore di Siani era il capitano dei carabinieri Gabriele Sensales, con il quale condivise molte riflessioni e punti di vista in comune. E non fu un caso che, dopo la morte di Giancarlo, il capitano Sensales fu trasferito.
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daliaLode a Giancarlo Siani morto per il profondo amore per il giornalismo
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