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Diritto di critica | October 6, 2024

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Frane e alluvioni, il cemento inutile minaccia l'Italia - Diritto di critica

Frane e alluvioni, il cemento inutile minaccia l’Italia

Il 70% del territorio italiano è a rischio di dissesto idrogeologico, secondo gli esperti: frane e smottamenti diventano sempre più frequenti a causa dell’erosione del suolo e dell’edificazione selvaggia. Ma serve davvero? In dieci anni sono stati costruiti 4 milioni di case, ma nelle grandi città ne restano vuote almeno 5 milioni. E nessuna legge a fermare il fenomeno.

In Germania vengono consumati 60 ettari di terreno fertile al giorno in nuove costruzioni, ed entro tre anni contano di dimezzarli. In Inghilterra il premier pubblica annualmente i dati dei permessi edilizi statali, che per legge devono sorgere nel 60% dei casi su zone già edificate (“brownfields sites”). In Italia non esiste né una legge di contenimento, né un osservatorio in grado di monitorare il consumo di suolo: eppure distruggiamo 130 ettari di terreno fertile ogni giorno.

Il primo effetto è l’incremento del rischio di dissesto idrogeologico. Come dimostra l’alluvione in Veneto dell’anno scorso, o le esondazioni regolari a Milano, riempire il suolo di cemento provoca milioni di euro di danni: la pioggia non viene più assorbita dal terreno, va ad accumularsi e preme su ponti, argini di fiumi, pendii. I pendii franano (solo due giorni fa il disastro di Salerno), i fiumi si gonfiano e straripano (l’Adige in Veneto, in Lombardia il Lambro, lo stesso Po, volendo parlare soltanto dell’anno passato), le case vengono travolte dal fango, e così le colture. L’anno scorso fu stimato un miliardo di euro di anni per il Veneto.

L’aspetto più drammatico è che le nuove edificazioni non servono. L’edilizia privata è da anni in un circuito chiuso: i costruttori edificano nuovi palazzi nell’hinterland delle grandi città, su appezzamenti agricoli, alcune famiglie si spostano dal centro città alle nuove borgate in cerca di affitti più bassi, mentre la maggior parte dei vani abitativi resta vuoto. Al centro di tutto, il prezzo delle case, che non riflette più la reale necessità di nuove abitazioni, ma soltanto la speculazione su un “bene rifugio” in tempi di crisi. Colpa anche dei Comuni, che svendono le concessioni edilizie per tappare le falle nei bilanci: fenomeno che rischia di peggiorare, con i tagli del Governo ai sindaci.

Il risultato è che, nonostante i nuclei familiari si frammentino e aumentino di numero, sempre meno gente compra casa (che costa oggettivamente troppo, aldilà di ogni parametro di mercato) e gli edifici restano vuoti: ma il prezzo non scende, i casermoni di cemento insistono su terreni una volta agricoli e il cemento dilaga. Con il risultato già visto ad ogni autunno: l’acqua scorre sul cemento e sull’asfalto, si accumula, intasa le fogne e sfonda gli argini, colate di fango invadono strade e abitazioni. Causando spesso vittime.