Il Decreto Sviluppo passa, ma senza il Pdl
La Camera approva il Decreto Sviluppo, un pacchetto di misure economiche che dovrebbe risollevare l’Italia sul medio periodo. Ma le contestazioni sono tante, a cominciare dal voto. Il governo ha dovuto porre la fiducia – incassandola – ma metà del PdL si è tirato indietro al momento di esprimersi: ben 93 assenti nelle file berlusconiane. Tutto il peso politico della misura cade quindi sul Pd, lasciato solo a sinistra da Vendola e Di Pietro.
Non basta la fiducia per compattare il Paese dietro Monti. Il premier ha ottenuto l’approvazione del suo pacchetto economico a larga maggioranza, ma è ben lontano dal successo. Se il ricorso alla fiducia ha evitato il rischio di “franchi tiratori”, non ha potuto rinsaldare il suo consenso. Il Pdl, svicolando gli impegni presi, si è presentato a ranghi vistosamente ridotti: solo 106 deputati su 209, la metà. Gli altri erano assenti, in missione, non pervenuti. Qualche altra defezione tra gli autonomisti del SudTiroler Volks Partei (che prima vota la fiducia e poi passa all’opposizione con i pugliesi di Vendola al momento del voto sul decreto legge) e qualche astenuto, portano i numeri al confortante margine di 450 sì su 226 necessari all’approvazione. Ma su chi ricade il peso politico del provvedimento?
Il Pd è stato l’unico partito a sostenere in modo compatto Monti. La scelta rispecchia in parte un’effettiva approvazione delle misure economiche previste (in particolare, sulle infrastrutture e sugli incentivi alla Green Economy): ma anche la necessità di capitalizzare un sostegno ormai irrinunciabile fino alle prossime elezioni. Bersani non può scaricare Monti senza portare a casa qualche successo (magari piccolo e dilazionato) dopo le drastiche decisioni sulle pensioni e sul lavoro. E alcune voci prettamente di sinistra nel Dl Sviluppo ci sono: la lotta ai call center delocalizzati, per esempio, che Cgil e Cisl di settore portano avanti ormai da anni – senza successo. E le concessioni – più di forma che di sostanza – alla Ricerca universitaria, che potrà cercare fondi privati e pubblici con un’ampia gamma di strumenti finanziari. A doppio taglio.
Terremoti. Ci sono poi gli interventi per i due terremoti, l’Aquila e l’Emilia. Il capoluogo abruzzese passerà da settembre alla gestione ordinaria, dopo 3 anni di commissariamento straordinario. Significa tornare – finalmente – ad un sistema partecipato tra Protezione Civile e Comuni, ben diverso dal “metodo Bertolaso”. E i fondi per ricostruire non verranno imbrigliati nei patti di stabilità. Per l’Emilia “solo” si prevedono 79 milioni di euro per la ricostruzione del cratere: poca cosa, considerando che l’Ue ne stimava qualche mese fa almeno 5 miliardi.
A consuntivo, il dl Sviluppo cambierà lentamente l’Italia. Oltre 40 provvedimenti del testo, infatti, entreranno in vigore dopo la legislatura. Con tutti i rischi del caso.