Green jobs come ricetta anticrisi: i pro e contro dalla voce dei professionisti
Lo sostiene da tempo l’economista Jeremy Rifkin: una rivoluzione fondata sulla produzione diffusa delle energie rinnovabili e sulle reti intelligenti può, a suo dire, portare l’Italia fuori dalla crisi. Per questo è utile gettare un occhio ai mestieri “green”: esistono? Bisogna inventarseli? Danno qualche possibilità concreta? A giudicare dalle testimonianze, sembrano una soluzione concreta all’assenza di impieghi negli altri settori. Eco-Blogger, eco-avvocati ed architetti “green”, il mercato delle professioni ecosostenibili appare come un settore in continua evoluzione, aperto alle idee e alle influenze di ciascuno e soprattutto dell’estero.
Nel nostro Paese, c’è già chi ha scelto questa via. Vincenzo Solenne, 31 anni, Milano, eco-avvocato: «Specializzarsi: credo sia l’alternativa alla saturazione del settore. Io personalmente ho frequentato un Master in ‘Diritto ambientale’ e, ai tempi, la materia era per molti versi nuova in quanto un testo unico ambientale, anche se con alcune lacune, è arrivato solo nel 2006. Non trascurerei il fattore operativo e dinamico della stessa che pone tematiche sempre nuove. Anche per questo, sono necessari corsi di aggiornamento continui. Inoltre, in uno studio di eco-avvocati sono utili sotto-specializzazioni: è bene che siano vari soggetti a occuparsi dei diversi ambiti (acque, fotovoltaico, inquinamento acustico ecc…) poiché la materia è molto vasta e necessita conoscenze specifiche oltre a quelle giuridiche.»
Bart Conterio, 43 anni, Lecce, bio-architetto: «Il settore ha preso piede in Italia negli anni ‘80, specialmente dal 1986 in poi. Ora se ne parla di più anche grazie al lavoro di marketing che c’è intorno. Ciò può essere utile se non scade nel greenwashing: alcune industrie infatti non si interessano dei parametri previsti dal protocollo di Kyoto. C’è anche disinformazione, si crede che un edificio sostenibile alzi il costo di molto, in realtà si parla di un 10%, 15% in più, con vantaggi sul medio e lungo periodo sia in termini economici che di salute. Certamente consiglierei questo ambito a un architetto: rappresenta il futuro.»
Marco Botticelli, 29 anni, di Fermo, sales account: «Desideravo essere economicamente indipendente. Da due anni, lavoro con due affiliati in una società attiva nel settore del fotovoltaico, solare termici green mobility e sistemi per acqua da bere. Se è vero che, per esempio, il fotovoltaico dal 2006 è andato sempre crescendo, occorrerà vedere cosa accadrà quando non ci saranno più incentivi statali. Molto ricercati sono gli agenti di commercio e i manovali; nel nostro contesto, comunque, lavorano sia laureati che diplomati. Parecchi sono, a tutt’oggi i corsi di specializzazione; a livello universitario, fino a qualche anno fa non c’era molto e ciò ha fatto sì che attualmente operino in questo ambito anche laureati in discipline lontanissime dal campo in questione».
Fabio de Vita, 46 anni, di Ascoli Piceno, business advisor: «Offro consulenze a investitori, produttori e progettisti di impianti, soprattutto nel fotovoltaico e nell’eolico. In Italia non esistono società di advisoring strutturate e specializzate nelle energie rinnovabili e il mercato italiano degli investitori è praticamente finito, per cui non consiglio il mio lavoro a chi è alla ricerca del primo impiego. Chi lo sceglie, deve necessariamente guardare all’estero, ai mercati emergenti».
Paolo Iaquinta, di Bologna, 31 anni, auditor ambientale: «Il mio percorso formativo nasce da una laurea in Scienze Geologiche con indirizzo applicativo. In seguito, mi sono occupato – tra le altre cose – di bonifiche di siti inquinati, campionamenti di terreni ed acque, rimozioni di materiali. Gli ultimi anni sono stati incentrati sulla conoscenza delle energie rinnovabili seguendo la costruzione e il collaudo di sonde geotermiche, con cui vengono sfruttate le acque sotterranee per il riscaldamento di case e uffici. Oggi collaboro con una ditta di perforazioni. Sicuramente consiglio l’attività perché si tratta di un lavoro che in primis mette in luce i problemi della natura. Si tratta di un lavoro impegnativo ma potrebbe rappresentare una via per la riqualificazione.»
Lucia Navone, 49 anni, di Milano, giornalista ambientale: «Svolgo questo lavoro da 20 anni, integrandolo con altre attività. Chi vi si approccia, non può farlo con una preparazione generica ma deve conoscere i vari aspetti della green economy. In Italia attualmente ci sono corsi e master in “Comunicazione ambientale” che formano, anche bene, comunicatori ma non giornalisti; nelle scuole dell’Ordine dovrebbe esserci più attenzione per la materia. Pur specializzandosi, comunque, è difficile che si riesca ad avere uno spazio continuo, consiglio, dunque, di essere molto versatili.»
Twitter: @Silvia_Ilari.