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Diritto di critica | December 8, 2024

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Obama vince il secondo dibattito. Errore per Romney su Bengasi, arriva un’altra gaffe

dalla nostra corrispondente Martina Albertazzi

NEW YORK – Si è concluso con la vittoria di Obama il secondo e penultimo faccia a faccia tra i candidati americani, prima del voto del prossimo 6 novembre. Novanta minuti di dibattito nella versione “town-hall meeting”, cioè con le domande rivolte direttamente dagli elettori indecisi, presenti nella sala della Hofstra University di Long Island. E l’Obama sottotono, remissivo e con lo sguardo basso del dibattito di Denver, ha lasciato il posto a un Presidente deciso e preparato.

Molti i temi trattati, dal lavoro, alle tasse, all’immigrazione, fino alle armi, con attacchi diretti da entrambi i politici, seduti su due sgabelli, senza podio come la scorsa volta, liberi di alzarsi e muoversi sul palco.

Prime liti su disoccupazione e energia. “Ventitré milioni di persone hanno difficoltà a trovare lavoro. Se continuiamo così faremo la fine della Grecia”, ha attaccato subito Romney. Ma Obama ha risposto con carisma, ribadendo che l’unico piano del candidato repubblicano è quello di abbassare le tasse ai ricchi.

Subito dopo il primo vero scontro della serata sulle energie rinnovabili. “Quando era governatore del Massachusetts, Romney aveva appoggiato la chiusura delle centrali elettriche a base di carbone, perché pericolose. Ora afferma il contrario”, ha dichiarato Obama. E Romney: “Bene le energie rinnovabili, ma dobbiamo tutelare gli interessi dei produttori di petrolio e di carbone. Bisogna continuare con le trivellazioni”.

Armi e immigrazione. Deboli per entrambi le risposte sul controllo di armi, a sottolineare ancora una volta, come gli interessi delle lobby siano troppo potenti per permettere ai candidati di fornire proposte concrete. Battute veloci e taglienti anche sull’immigrazione, con Obama che ha accusato l’avversario di essere “più a destra di Bush sulle tematiche sociali”.

Romney perde l’occasione della Libia. E dopo più di un’ora di dibattito è arrivata la domanda sull’attentato in Libia, in cui lo scorso 11 settembre hanno perso la vita l’ambasciatore Chris Stevens e altri tre americani. Un intervento che avrebbe potuto mettere in seria difficoltà Obama, ma che invece ha trovato Romney completamente impreparato.

“Hillary sta svolgendo un lavoro impeccabile al Dipartimento di Stato – ha esordito il Presidente, con un riferimento al mea culpa della Clinton sulla mancata messa in sicurezza dell’ambasciata di Bengasi- ma dobbiamo ricordarci che lei lavora per me e alla fine sono io responsabile di ciò che accade. Troveremo i responsabili”. E a poco è servito l’attacco di Romney: “Il giorno dopo gli attentati Obama è volato a Las Vegas per fare campagna elettorale”, al quale l’inquilino della Casa Bianca ha risposto impassibile, guardandolo dritto negli occhi: “Trovo offensivo che la mia amministrazione venga accusata di fare politica, quando abbiamo perso quattro dei nostri concittadini”. Non contento Romney ci ha riprovato, scivolando però nella gaffe, quando ha accusato Obama di aver ammesso solo adesso che quello di Bengasi è stato un attacco terroristico. Ed il presidente, con l’espressione serena di chi ha appena realizzato di aver vinto un dibattito, ha affermato “Ci sono i documenti che lo confermano, ho parlato di attentato il giorno dopo”, trovando anche l’appoggio del moderatore, Candy Crowley, giornalista della Cnn.

Un successo per Obama. A dibattito ormai concluso, tuttavia, Obama non ha voluto lasciarsi scappare l’occasione di assestare il colpo di grazia all’avversario. E proprio nell’intervento finale ha ricordato al pubblico la battuta infelice del governatore: “Romney è una brava persona, ma è anche colui che poco tempo fa ha detto che il 47% degli americani non paga le tasse e non lavora sodo”.

E mentre lo staff del presidente si è mostrato più cauto a fine dibattito, la stampa americana unita ha proclamato il “ritorno di Obama”. I prossimi giorni saranno decisivi, ma ora l’attesa è per l’ultimo confronto televisivo tra una settimana in Florida.