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Diritto di critica | December 6, 2024

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Un derivato sull'acqua: ecco come la speculazione distruggerà il mondo

acqua_privata1264676686 (1)Nel 2035 – non tra un secolo – tre miliardi di persone avranno problemi a reperire l’acqua necessaria per vivere. Alcuni non avranno acqua potabile o avranno grossissimi problemi a procurarsene, altri non ne avranno a sufficienza per i raccolti e per la produzione industriale. Lo riporta Friedrick Kaufman, professore alla City University di New York, in un articolo a dir poco inquietante apparso sulla testata britannica Nature e ripreso da Internazionale (21-27 dicembre 2012, n. 980). Articolo di cui vale la pena parlare per dare notizia di ciò che si muove sulle nostre teste, ovvero, nella grande finanza mondiale. Quel mondo della speculazione di cui – sempre di più e soprattutto oggi – sentiamo costantemente parlare, ma del quale molto poco si sa e ancora meno ci viene spiegato.

Meteo e materie prime. Ad esempio, quanto sappiamo del fatto che anche il meteo è entrato nel mondo delle scommesse finanziarie? E che negli ultimi cinque anni si è scommesso moltissimo su grano e cereali, determinando aumenti record dei prezzi del pane? Ecco in proposito cosa scrive l’autore del libro, Bet the farm: how food stopped being food. “Attraverso una ricostruzione dell’andamento dei mercati finanziari dei generi alimentari, avevo evidenziato come il prezzo di mais, soia, riso e grano avesse toccato per tre volte livelli record nel giro di cinque anni. Considerando l’impatto dei cambiamenti climatici sui mercati dei futures dei prodotti granari, sostenevo che il sistema globale dei prezzi degli alimenti – che un tempo favoriva gli agricoltori e i consumatori -era stato stravolto dai derivati finanziari creati dalle banche d’investimento”. La legge Dodd-Frank per la riforma di Wall street e la tutela dei consumatori, infatti, è stata bloccata e non è sicuro come e quando verrà applicata. “I fondi collegati agli indici delle materie prime alimentari hanno di fatto spogliato i mercati dei futures delle granaglie di Chicago, Kansas City e Minneapolis della loro tradizionale funzione, che era semplicemente quella di determinare i prezzi, e li hanno trasformati in macchine da profitto per le banche e i fondi speculativi, facendo così impennare il prezzo del pane che mangiamo quotidianamente. Nonostante le promesse di regolamentare i derivati internazionali sul cibo, gli anni passano e di risultati non se ne vedono”.

La finanza creativa e le scommesse sull’acqua. Negli ultimi giorni la vicenda Monte dei Paschi di Siena ha messo ancora una volta sotto i riflettori quella nuova frontiera della “finanza creativa” che sono i derivati e l’utilizzo spregiudicato e pericolosissimo che se ne fa. Ma quello che riempie le prime pagine dei nostri giornali è niente rispetto a ciò che si prepara: un modo assurdo di fare soldi a palate scommettendo sulle nostre paure più grandi. Forse è meglio “cominciare a domandarsi quale risorsa globale diventerà il prossimo derivato finanziario. Cosa c’è di più catastrofico che scommettere sulle riserve mondiali di cibo? E se fosse arrivata la volta dell’acqua?”

Le mani delle banche sull’acqua. L’acqua – sostiene Kaufman – è già nel mirino della speculazione: grandi banche d’affari, fondi di investimento, multinazionali ed altri attori economici globali (Banca Mondiale e FMI) sarebbero già pronti a mettere le mani su una delle fonti primarie di vita per l’uomo: “la prossima grande risorsa mondiale non sarà l’oro, il grano o il petrolio. Sarà l’acqua. L’acqua potabile”. Creare denaro speculando sulla mancanza d’acqua in questo o in quel paese, in questa o in quella zona, in questo o in quel settore, non è una previsione futuristica fornitaci con enfasi, ma una realtà molto vicina. Già allo studio, come si dice con termine tecnico. Uno scenario in cui siamo ossessionati dalla mancanza d’acqua mentre estati interminabili e caldissime si ripetono con cadenza allarmante è il massimo che uno speculatore possa desiderare: “gli investitori di ogni genere adorano le situazioni apocalittiche. Dove ci sono violenza e caos si nascondono sempre possibilità di guadagno”.

E per la finanza creativa – che produce molto di più del Pil mondiale ed è passata dai 500 miliardi di dollari del 1980 fino agli oltre 60 trilioni di dollari di oggi, una cifra che in molti hanno sentito pronunciare solo da “zio Paperone” -, la nostra paura è un ottimo affare. “Al giorno d’oggi i grandi profitti non nascono dalla compravendita di oggetti e di beni veri e propri (come le case, il grano o le automobili) ma sono il frutto della manipolazione di concetti eterei come il rischio e la collateralizzazione del debito. La ricchezza ormai è generata da strumenti finanziari totalmente separati dalla realtà. E a quanto pare investire in un indice del mercato dell’acqua è un’idea sempre più popolare”.

Il valore dell’acqua. Il paradosso è che a voler dare un valore all’acqua sono anche i programmi globali che mirano alla difesa dell’ecosistema. L’assunto di base non è sbagliato: l’acqua non è un bene inesauribile ed essendo vitale per l’uomo è giusto non sprecarlo e poterlo contabilizzare. In questo caso attribuirgli un valore non monetizzabile e non mercificabile potrebbe aver senso, altrimenti il discorso si complica. Oggi, lo vediamo anche da noi con la vicenda che ha portato al referendum sulla privatizzazione dell’acqua, “acquistare azioni di aziende (idriche) quotate in borsa funziona”, ma in molti non si accontentano e già si chiedono se “non sarebbe comunque più efficiente se questa risorsa si potesse tradurre in un corrispettivo monetario”.

L’acqua come l’oro. Il sogno dei grandi speculatori è fare dell’acqua un mercato paragonabile a quello dell’oro, con dei contratti futures “in cui la promessa della vendita o dell’acquisto di una certa quantità d’acqua in una specifica data futura possa essere scambiata come moneta contante”.

Le previsioni scientifiche per il futuro prossimo mettono i brividi, la mancanza d’acqua è data per certa e c’è già che si frega le mani, “gli esperti di previsioni finanziarie si rendono conto che, come tutte le materie prime tradizionalmente oggetto di scambio (i metalli preziosi, per esempio), in futuro l’acqua potabile diventerà talmente scarsa che dovrà essere estratta, lavorata, confezionata e, soprattutto, spostata in tutto il mondo”. Ma non solo, rispetto a oro e preziosi, infatti, la potenziale domanda d’acqua coincide con la popolazione globale. Tutti ne hanno bisogno, tutti bevono, nessuno escluso. “La domanda non si esaurirà mai. È questo il ragionamento che sta alla base della creazione di un mercato internazionale dei futures dell’acqua. Ma ecco cosa accadrebbe – secondo Kaufman – se anche l’acqua prendesse la forma di un derivato finanziario. Innanzitutto, “potrà essere scambiata in qualsiasi momento, in ogni luogo e da chiunque. Per far scorrere denaro dai rubinetti l’acqua potabile dovrà avere un prezzo in ogni luogo in cui verrà scambiata: un prezzo globale, su cui si possa fare arbitraggio da un continente all’altro. Chiunque, a Mumbai come a Manhattan, si accorgesse che il valore dell’acqua nell’economia mondiale è cresciuto e decidesse di speculare su questo bene troppo a lungo sottovalutato, ne farebbe aumentare il costo in tutto il mondo”.

È evidente che “un disastro idrico in Cina o in India -…- si farebbe sentire, sotto forma di un aumento dei prezzi, da Londra a Sydney. È cosi che guadagnano le banche”. Va specificato che al momento attuale non c’è alcuno scambio di futures sull’acqua, ma, spiega l’autore, tra poco partirà l’assalto. I derivati sono complesse operazioni di ingegneria finanziaria (sono ideati da ingegneri e matematici più che da economisti), e sull’acqua il lavoro è già in cantiere. “Hanno cominciato a ipotizzare un modello di mercato globale dei futures dell’acqua che preveda opzioni put e call, posizioni long e short, fondi quotati in borsa, indici di indici, opzioni di opzioni e ogni genere di scambi over the counter, cioè non regolati dalle norme di borsa”.

L’unità di misura. Finora ci sono solo alcuni mercati locali dell’acqua e “la nascita di un vero e proprio scambio globale dei futures dell’acqua dovrà aspettare finché il mondo finanziario non troverà un’unità di misura universalmente accettata della scarsità idrica”. Tuttavia c’è poco da stare allegri, cosa potrebbe accadere facendo entrare l’economia e la finanza nell’acqua?

Pensiamo all’acqua potabile. L’oro blu che dovrebbe essere un bene comune considerato inalienabile inizierebbe ad essere preziosissimo accendendo non pochi appetiti. Scoppierebbero le tanto temute “guerre dell’acqua”. Fino a che le precipitazioni garantivano in una larghissima parte del pianeta una quantità d’acqua più che sufficiente a soddisfare tutte le esigenze, il discorso speculativo era improponibile. Ma andate a vedere quello che la scienza prevede per i prossimi anni: inverni sempre più caldi, estati desertiche, scioglimento dei ghiacci, cambiamenti climatici con venti e monsoni che perdono ciclicità e intensità etc, etc..

Senza contare che con una velocità che non potevamo aspettarci così rapida le falde acquifere di zone agricole di rilevanza mondiale si stanno prosciugando. In alcune regioni dell’Africa, già oggi, la maggioranza della popolazione non ha accesso all’acqua potabile, dovendosi servire di acqua sporca che nel migliore dei casi uccide lentamente. Quanti sono i milioni di persone che nel momento attuale bevono acqua non potabile? Nessuno lo sa, ma sono destinati a crescere.

Visto che l’acqua serve sempre più per l’industria, chi avrà in mano le grandi quantità di oro blu potrà decidere se venderle agli agricoltori, o, ad esempio, alle grandi aziende.

Le multinazionali. Cosa succederebbe se all’asta per l’acqua si presentassero una multinazionale e un’azienda agricola? E tra un paese povero che ne ha bisogno per dissetare la popolazione e uno ricco a cui serve per gli impianti industriali chi otterrebbe l’acqua secondo voi? E come salirebbero i prezzi degli alimenti per la popolazione? In estrema sintesi, si potrebbe generare un effetto circolare di proporzioni distruttive. Certo, ancora non c’è nulla di ufficiale.

L’acqua privata. L’acqua è considerata (almeno in Occidente) come una risorsa inalienabile, ma sono tanti i Paesi che spinti dalla Banca Mondiale e dal Fondo Monetario Internazionale – desiderosi di rientrare dei crediti erogati – stanno privatizzando i propri fiumi e corsi d’acqua, sperando di attrarre l’interesse delle grandi multinazionali. Chiediamoci cosa c’è e cosa si prepara dietro l’esplosione di grattacieli e infrastrutture costruite dai cinesi nei Paesi africani? Solo un do ut des per minerali, energia e metalli preziosi, o anche una raffinata strategia di geopolitica per ottenere i terreni su cui coltivare riso e cereali oggi e da cui estrarre l’acqua domani?

Perché questo stato di cose non diventi realtà, dovremo batterci, non c’è alternativa. Quando e se si dovesse arrivare alla finanziarizzazione dell’acqua bisognerà fare di tutto per sottrarsi a questo capestro globale. Lottare per difendere il diritto minimo alla vita. Perché il “dar da bere agli assetati” non può essere solo un’opera di misericordia.