Gioco d'azzardo, Comuni lanciano allarme sociale
Scritto per noi da Francesco Rossi
800mila italiani sono schiavi del gioco d’azzardo, altri 3 milioni rischiano di diventarlo. La febbre da scommesse è sempre più una piaga sociale e i Comuni italiani lanciano l’allarme. Ma per lo Stato e per la mafia, il settore rimane un business irrinunciabile.
Piatto ricco. Il gioco d’azzardo è una miniera d’oro, per lo Stato ma non solo. Ogni anno, il giro d’affari legale del settore è di circa 100 miliardi. L’industria delle scommesse rappresenta il 4% del PIL e fa della piccola Italia un “croupier” internazionale: gestiamo il 15% del mercato europeo ed il 4,4% di quello mondiale.
Una montagna di denaro, quindi, che si traduce in 8 miliardi di entrate fiscali annue in più; un bottino prezioso per le casse nazionali, soprattutto in tempo di crisi. Peccato, però, che più della metà di quel boccone se ne vada per sostenere i costi sociali di chi di troppo gioco si ammala. Sono infatti 800mila (su una popolazione di 15 milioni di giocatori) i “ludopatici”: persone che dell’azzardo non sanno fare a meno, come fosse una droga, fino a farsi rovinare salute, famiglia e portafoglio. A questi si aggiungono altre 3 milioni di persone a rischio dipendenza, moltissimi dei quali minori. Malati che pesano sul sistema sanitario nazionale: curarli costa oltre 5 miliardi l’anno, già adesso che l’attenzione sanitaria al tema è ancora bassa.
Passando dal legale all’illegale il piatto resta ricco. La criminalità organizzata, secondo le stime dell’Associazione “Libera”, lucra sui giochi circa 10 miliardi nei 12 mesi; ed il tesoretto se lo spartiscono 41 clan diversi. Alcuni comuni italiani, in occasione di “Fà la cosa giusta”, fiera del consumo critico organizzata da “Terre di Mezzo Onlus”, hanno presentato un manifesto per chiedere una migliore regolamentazione del settore.
L’allarme dei Comuni. Cifre e studi dimostrano che il gioco d’azzardo si sta progressivamente trasformando da divertimento in problema sociale. Se ne sono resi conto molti sindaci italiani, che hanno deciso di lanciare il loro personale grido d’allarme, stilando un manifesto di proposte indirizzato al governo che verrà. Chiedono, per prima cosa, una nuova normativa nazionale che regolamenti il settore, spazzando via le ambiguità di un sistema in cui l’azione dello Stato è bloccata da un gigantesco conflitto di interessi. Tre le linee guida: minore offerta (negli ultimi anni le possibilità per tentare la fortuna si sono moltiplicate, dal Lotto istantaneo ai videopoker), maggiori controlli ed una seria attività di sensibilizzazione sui rischi del gioco.
In parallelo, sempre secondo i sindaci firmatari della proposta, serve un’incisiva azione regionale, favorita da nuove leggi, che si occupi di prevenzione e cura dei ludopatici. Terzo livello di tutela, quello affidato ai comuni stessi, che reclamano maggior potere di intervento nello stabilire regole sulla collocazione delle sale giochi, per tenerle il più lontano possibile dai luoghi “sensibili”, come ad esempio le scuole.
Per ora si tratta di proposte e buoni propositi, a cui dovranno far seguito interventi concreti e verificabili. Di certo c’è l’emersione di una nuova consapevolezza nella lotta alla ludopatia e al gioco d’azzardo illegale: bisogna lavorare sul piano della responsabilità e della cultura. E’ la strada più faticosa, ma anche la più efficace.