Ma Renzi vuole le elezioni

PD: PRIMARIE; RENZI PREPARA TOUR IN CAMPERL’ANALISI – Renzi ieri non le ha mandate a dire al governo Letta, bollando come fallimentari gli ultimi dieci mesi dell’Esecutivo. Non sono state fatte le riforme, dice. Ed è una mezza verità. Non tanto perché adesso si potrebbero snocciolare i provvedimenti presi dall’attuale governo, tutti decisi nel bel mezzo di una crisi politica tale per cui Letta e i suoi si reggevano su incerte stampelle. Quella di Renzi è una mezza verità perché il sindaco di Firenze e neosegretario Pd finge di ignorare il duro freno a mano imposto dal centrodestra a Enrico Letta e al suo governo in tutti questi mesi.

Processi, Imu e decadenza: il cappio di Letta – Prima di puntare il dito, infatti, Matteo Renzi dovrebbe riconoscere quanto abbiano influito sui tempi delle riforme, i processi e la condanna di Silvio Berlusconi prima, il tira e molla sull’Imu poi e – infine – la questione della decadenza dell’ex Cavaliere, con la lotta intestina al Pdl per cui Angelino Alfano si è smarcato dall’ex premier andando a costituire il Nuovo Centro Destra. Le stampelle del governo, insomma, in tutti questi mesi sono state tutt’altro che salde e le larghe intese erano più un eufemismo che una situazione reale. E se in un primo periodo il governo e gli accordi interni alla maggioranza – nati anche per arginare il bercio populismo grillino – erano in qualche modo più forti, tanto che “non si poteva tradire”, adesso la situazione è cambiata: Berlusconi ha lasciato a Letta il fragile sostegno di Alfano per non essere accusato di aver portato l’Italia nel baratro di una nuova campagna elettorale. E questo è tutto quel che resta al governo.

La linea politica che manca – A fronte di dichiarazioni più o meno positive sulla durata del governo, infatti, la retorica di Renzi viaggia sul doppio binario del “bastone e la carota” e il sospetto è che – al di là delle parole – il neosegretario Pd voglia solo andare alle elezioni a maggio. E quest’altalena di dichiarazioni, inoltre, dà un’impressione di fragilità anche dello stesso Pd, un partito che appare senza una linea politica decisa. La stesso Job Act ancora non si è visto ed è ridotto a un inglesismo buono per i titoli di giornale.

Lo sgambetto dei “piccoli” – C’è poi la questione di quei partiti cui farebbe comodo andare alle elezioni subito e che potrebbero fare lo sgambetto al governo sul più bello. Berlusconi in primis e a seguire il comico con i 5Stelle e Alfano con il Nuovo Centro Destra (che a quel punto tornerebbe alla casa “del padre”). A nessuno di questi tre – e in generale ai piccoli partiti – convengono i tempi lunghi che ancora possono permettersi Renzi e il Pd, forti di una carica mediatica e di un presenzialismo che il sindaco di Firenze sa gestire egregiamente. A tirare troppo la corda, dunque, il rischio per Renzi è che sul più bello si spezzi.

Twitter@emilioftorsello

Di Emilio Fabio Torsello

Giornalista professionista, 30 anni, mi sono laureato in Lettere Moderne presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano nel 2006. Mi occupo di tematiche inerenti la legalità, la cronaca giudiziaria (imparando dal "maestro" Roberto Martinelli), l’immigrazione e la politica. Collaboro con il mensile Narcomafie, con alcune testate del Gruppo Sole 24 Ore e in particolare con Il Sole 24 Ore del lunedì e Il Sole 24 Ore "Roma", con Il Fatto quotidiano e con Roma Sette (Avvenire). In passato ho lavorato (stage) presso la redazione Ansa di Bruxelles e ho collaborato con la redazione aquilana dell'AGI e con il portale del sole 24 Ore, Salute24. Sono l'autore del blog EF's Blog, sulla piattaforma Wordpress