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Diritto di critica | April 19, 2024

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Renzi rischia sulla legge elettorale. E nel Pd qualcuno sorride

Renzi, forze coalizione ci chiedono decisione“Ma quanto è difficile governare questo Paese?” E’ forse questa la domanda che rimbalza più volte al giorno nella testa di Matteo Renzi nelle ultime ore. Perché, se è vero che “da fuori” sparare a zero su tutto e tutti è facile, molto meno facile è poi prendere in mano la barra del timone di un paese sempre al centro della tempesta.

Il vantaggio di Matteo. Renzi ha dalla sua il vantaggio di avere un Parlamento non più rappresentativo della volontà popolare. Rispetto al Porcellum, la nuova legge uscita dall’intervento della Consulta ridimensiona il peso del Pd (e di Sel) alla Camera, mentre al centro Scelta Civica e Udc sono in caduta libera nei sondaggi, entrambi in attesa di un uomo nuovo pronto a ridare vita al progetto – da sempre sognato e mai realizzato – di un “grande centro”. Poi c’è Ncd di Alfano che vive una vera e propria incognita elettorale in quanto non si è ancora misurato con un voto su scala nazionale. Il primo banco di prova potrebbero essere le prossime elezioni europee. In ogni modo, la pattuglia al Senato di Ncd potrebbe comunque essere sovrastimata. Per questo oggi nessun alleato ha interesse a remare contro.

I Tafazzi e il fuoco amico. Nemmeno al Pd converrebbe andare al voto prima di aver fatto le riforme e una nuova legge elettorale. In primo luogo perché la stessa direzione dei democratici si è assunta la responsabilità di cacciare Letta e poi di giocare un ruolo politico centrale in questo nuovo governo. Eppure, il Pd è ancora pieno zeppo di “Tafazzi”, nonostante le batoste prese negli anni scorsi. Masochisti amanti dell’opposizione perenne. Perché Renzi può piacere o meno, può piacere o meno il suo programma o il suo governo, ma su di lui gli elettori delle primarie, prima, e il partito stesso, dopo, ha riposto tutte le speranze in un’impresa tutt’altro che facile. Remare contro significa remare contro lo stesso Pd, unica forza di centro-sinistra in grado di opporsi elettoralmente sia al populismo grillino che agli ultimi colpi di coda del Cavaliere. Morto il Pd non resterebbe nulla, né ci sono alternative al di fuori, come ha dimostrato un anno fa l’esperienza di Antonio Ingroia.

Complicati equilibrismi sulla legge elettorale. Ma, al di là del fuoco amico, Renzi dovrà essere il più bravo equilibrista per superare l’ostacolo della legge elettorale. Il suo doppio (e inaspettato, in questa fase) ruolo di segretario del Pd e di primo ministro rischia di legargli le mani. Se prima poteva bypassare Alfano e parlare direttamente con Berlusconi, oggi l’ex numero due del Pdl siede alla sua sinistra sugli scranni del governo alla Camera. E lo stesso può dirsi del “piccolo” ma determinante Casini. Così, la nascita di una legge elettorale in grado di garantire una semplificazione elettorale e la governabilità potrebbe sfumare. Perché i piccoli (che siedono accanto a Renzi) non ci stanno a farsi schiacciare da una legge che li condannerebbe a sparire dall’arco parlamentare. Perché meglio una morte istantanea che una lunga agonia.

Allungare i tempi e garantirsi la poltrona. Per questo il premier ha dovuto giocare di sponda alla ricerca di una soluzione di compromesso che di fatto potrebbe rappresentare una garanzia di sopravvivenza della stessa legislatura per almeno altri due anni: subordinare l’entrata in vigore della nuova legge elettorale all’abolizione (o “superamento”) del Senato. Perché, mentre la prima si può approvare in un mese, la seconda richiede la modifica della Costituzione. Un doppio passaggio in entrambe le Camere e poi, molto probabilmente, un referendum confermativo. Tutto quello che Berlusconi voleva evitare. Per questo ora l’accordo è seriamente a rischio.