Yara, sintomi di un'inchiesta che non sta in piedi
I RIS avanzano dubbi sul DNA, mentre Bossetti continua a dichiararsi innocente
Tanti indizi non fanno una prova. E la prova per condannare deve essere schiacciante. Nel caso di Yara Gambirasio, per cui è finito in carcere Giuseppe Bossetti, invece, tutto sembra essere più incerto che mai. Anzi, il castello accusatorio rischia di crollare sotto i colpi non della difesa ma delle risultanze degli esami del RIS. La scientifica dei carabinieri, infatti, ha messo nero su bianco i molti dibbu relativi all’effettiva validità del DNA ritrovato sugli indumenti della ragazza: “Una logica prettamente scientifica, che tenga conto dei non pochi parametri che si è tentato di sviscerare in questa sede, non consente di diagnosticare in maniera inequivoca le tracce lasciate da ignoto 1 sui vestiti di Yara“. I RIS, insomma, mettono in discussione la validità della traccia originaria, definita invece “ottima” dagli inquirenti.
LEGGI ANCHE: YARA, SARAH SCAZZI, MARTA RUSSO: QUANDO LE INCHIESTE RIPARTONO DA ZERO
Aggiungono poi i carabinieri: “L’esposizione prolungata del corpo di Yara alle intemperie e alle ripetute precipitazioni di carattere piovoso e nevoso ha indubbiamente procurato un dilavamento delle tracce biologiche in origine certamente presenti sui suoi indumenti riducendone enormemente la quantità, compromettendone la conservazione e modificandone morfologia e cromaticità, tutto a svantaggio di una corretta interpretazione“. “Purtroppo – aggiungono i RIS – non è semplice valutare né riprodurre sperimentalmente – con assoluto rigore scientifico – quanto la degradazione del materiale biologico su questi reperti possa aver influenzato l’attendibilità dei test effettuati”.
A questo si aggiunga quanto rilevato anche da un documento riservato di Vodafone S.p.A. del 25 gennaio 2011, secondo cui “è emerso che l’ultimo aggancio dell’utenza della vittima non deve intendersi quella di Mapello, bensì quella di Brembate”. “Attraverso l’analisi delle celle telefoniche – aggiungono i legali – come sappiamo, è possibile conoscere (con sensibile approssimazione) la posizione di un cellulare con precisione massima pari al raggio della cella stessa”. Tradotto: “Non abbiamo informazioni che consentano di stabilire dove i cellulari fossero al momento del traffico telefonico con una precisione superiore al raggio di copertura della cella”. Anzi, “non è neppure possibile stabilire se i cellulari fossero all’interno di una o dell’altra zona di copertura delle celle“. Addirittura, secondo i legali, Bossetti non sarebbe stato nemmeno a Mapello ma a Brembate.
I difensori sottolineano poi come, secondo quanto emerso dalla perizia Cattaneo non sia neanche stata trovata calce nei polmoni della vittima.
Da non sottovalutare, infine, come a fronte di una traccia ritrovata in pessime condizioni come quella descritta poco sopra dai RIS, gli inquirenti si siano imbarcati in quell’opera mastodontica di profilatura, raccogliendo ed esaminando il profilo genetico di 18mila persone nei mesi successivi al ritrovamento del cadavere di Yara. Il Procuratore di Bergamo, in una conferenza stampa del 20 giugno scorso, ha detto che “per trovare la verità sul caso di una ragazza di 13 anni non si bada a spese” eppure, già nel 2012 Panorama denunciava come per gli esami su 13mila profili genetici raccolti all’epoca, fossero già stati spesi oltre tre milioni di euro. Adesso i RIS ci dicono che la traccia originaria era corrotta al punto tale che probabilmente è impossibile dedurne qualsiasi certezza. Per tacer di Bossetti che, in carcere da mesi e sbattuto sulle prime pagine di giornali e tv, continua a dichiararsi innocente.
Tanti indizi non fanno una prova. E la prova per condannare deve essere schiacciante. Nel caso di Yara Gambirasio, per cui è finito in carcere Giuseppe Bossetti, invece, tutto sembra essere più incerto che mai. Anzi, il castello accusatorio rischia di crollare sotto i colpi non della difesa ma delle risultanze degli esami del RIS. La scientifica dei carabinieri, infatti, ha messo nero su bianco i molti dibbu relativi all’effettiva validità del DNA ritrovato sugli indumenti della ragazza: “Una logica prettamente scientifica, che tenga conto dei non pochi parametri che si è tentato di sviscerare in questa sede, non consente di diagnosticare in maniera inequivoca le tracce lasciate da ignoto 1 sui vestiti di Yara“. I RIS, insomma, mettono in discussione la validità della traccia originaria, definita invece “ottima” dagli inquirenti.
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Aggiungono poi i carabinieri: “L’esposizione prolungata del corpo di Yara alle intemperie e alle ripetute precipitazioni di carattere piovoso e nevoso ha indubbiamente procurato un dilavamento delle tracce biologiche in origine certamente presenti sui suoi indumenti riducendone enormemente la quantità, compromettendone la conservazione e modificandone morfologia e cromaticità, tutto a svantaggio di una corretta interpretazione“. “Purtroppo – aggiungono i RIS – non è semplice valutare né riprodurre sperimentalmente – con assoluto rigore scientifico – quanto la degradazione del materiale biologico su questi reperti possa aver influenzato l’attendibilità dei test effettuati”.
A questo si aggiunga quanto rilevato anche da un documento riservato di Vodafone S.p.A. del 25 gennaio 2011, secondo cui “è emerso che l’ultimo aggancio dell’utenza della vittima non deve intendersi quella di Mapello, bensì quella di Brembate”. “Attraverso l’analisi delle celle telefoniche – aggiungono i legali – come sappiamo, è possibile conoscere (con sensibile approssimazione) la posizione di un cellulare con precisione massima pari al raggio della cella stessa”. Tradotto: “Non abbiamo informazioni che consentano di stabilire dove i cellulari fossero al momento del traffico telefonico con una precisione superiore al raggio di copertura della cella”. Anzi, “non è neppure possibile stabilire se i cellulari fossero all’interno di una o dell’altra zona di copertura delle celle“. Addirittura, secondo i legali, Bossetti non sarebbe stato nemmeno a Mapello ma a Brembate.
I difensori sottolineano poi come, secondo quanto emerso dalla perizia Cattaneo non sia neanche stata trovata calce nei polmoni della vittima.
Da non sottovalutare, infine, come a fronte di una traccia ritrovata in pessime condizioni come quella descritta poco sopra dai RIS, gli inquirenti si siano imbarcati in quell’opera mastodontica di profilatura, raccogliendo ed esaminando il profilo genetico di 18mila persone nei mesi successivi al ritrovamento del cadavere di Yara. Il Procuratore di Bergamo, in una conferenza stampa del 20 giugno scorso, ha detto che “per trovare la verità sul caso di una ragazza di 13 anni non si bada a spese” eppure, già nel 2012 Panorama denunciava come per gli esami su 13mila profili genetici raccolti all’epoca, fossero già stati spesi oltre tre milioni di euro. Adesso i RIS ci dicono che la traccia originaria era corrotta al punto tale che probabilmente è impossibile dedurne qualsiasi certezza. Per tacer di Bossetti che, in carcere da mesi e sbattuto sulle prime pagine di giornali e tv, continua a dichiararsi innocente.