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Diritto di critica | December 4, 2024

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Di Maio al capolinea, il grande bluff a 5 Stelle

di | 25 Feb 2019Aggiungi questo articolo al tuo Magazine su Flipboard

Scegliere una strada e svoltare a destra. Senza però riflettere che c’è qualcuno più a destra di te. Poi rinnegare i tuoi principi, i tuoi buoni propositi. E finire per disorientare chi ti vota che oggi guarda a chi il timone lo ha sempre tenuto dritto. Il Capitano Salvini, l’uomo forte che piace ciclicamente agli italiani. Piace perché fa quello che dice, piace perché è come “noi”: fuma, mangia la pizza a taglio, gioca e fa il bullo sui social, e non perde occasione per ribadire la sua mediocre normalità. Tutta un’altra cosa da Silvio Berlusconi, esempio dell’uomo che si è fatto da solo, uomo potente e ricco. Salvini, invece, è l’espressione del popolo al potere. Altro che 5 Stelle.

Luigi Di Maio sta per fare una brutta fine. Ma forse ancora non ne è cosciente. Eppure, dopo l’Abruzzo e il voto in Sardegna i segni sono evidenti. Il suo perfetto taglio di capelli, la sua perfetta rasatura e i suoi perfetti completi avvitati possono ben poco contro le felpe e la pizza a taglio di Salvini. Perché se l’obiettivo dell’uomo di Pomigliano era quello di attirare su di sé l’attenzione dei moderati, il tentativo è miseramente fallito. Non basta apparire ordinati nell’aspetto e moderati con le parole. Occorre esserlo nelle scelte politiche. Scelte come il reddito di cittadinanza e il No alla Tav finiscono per allontanare imprenditori e ceto medio che preferiscono sotto il profilo economico una modesta continuità che un salto nel buio. In questo senso, è Salvini a rappresentare una garanzia, non certo Di Maio e Di Battista. Ma il leader della Lega riesce ad attrarre contemporaneamente anche i voti della destra più estrema. Lo fa sfruttando al massimo il tema dell’immigrazione, sdoganando sentimenti razzisti che sono sempre esistiti nella società italiana ma che rimanevano – fino a poco tempo fa – sopiti. È stato capace, sotto il profilo mediatico, a sfruttare un’emergenza creata ad arte, attraverso le tv, da colui che pensava di utilizzare la Lega come stampella ma che oggi è costretto a ricorrerla: Silvio Berlusconi.

E i 5 Stelle? In tutto questo, sono persi. Il timoniere non riesce a seguire una rotta credibile. E soprattutto rinnega i propri principi. Il limite del doppio mandato, fondamentale per non “abituare i portavoce a stare sulla poltrona”, potrebbe essere eliminato. Sì alla realizzazione di un vero e proprio partito. Addio allo “streaming”. Addio, nei fatti, a Rousseau. La piattaforma è stata utilizzata una settimana fa perché i dirigenti del Movimento non erano in grado di decidere, ma era da maggio che gli iscritti non venivano consultati. Mentre i meetup oggi sono praticamente ignorati. Dicevano di voler fare i portavoce del popolo. Di tutto questo non resta nulla. È stato forse solo un grande bluff. Che ha sfiancato il Pd e ha aperto la strada a una nuova destra incattivita.

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