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Diritto di critica | September 1, 2024

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Facebook e privacy, siamo tutti "schedati" - Diritto di critica

Facebook e privacy, siamo tutti “schedati”

Orientamento sessuale, convinzioni politiche, credo religioso, abitudini. Tutte queste informazioni, che spesso finiscono sul profilo di Facebook, Myspace o altri social network, possono essere usate contro gli stessi utenti. Sebbene la parola d’ordine del XXI secolo sia “condividere” è necessario sapere che c’è l’occhio di un Grande Fratello che ci spia superando le restrizioni per la protezione della privacy, spesso non sufficienti. Internet registra tutto e non dimentica niente. Ogni foto messa online, ogni aggiornamento del proprio stato, post o blog rimangono nell’archivio permanente del Web.

Una ragazza inglese è stata licenziata per aver scritto su Facebook, in orario lavorativo “Mi sto davvero annoiando”. Ad uno psicoterapeuta canadese è stato impedito l’ingresso negli Stati Uniti ed è stato bandito dal paese dopo che un guardiano di frontiera aveva scoperto, tramite internet, che il dottore aveva scritto per un giornale di filosofia un articolo su un esperimento fatto 30 anni prima con Lsd.

Questi sono alcuni dei numerosi esempi riportati dal New York Times, in un lunghissimo articolo che dimostra come le grandi reti sociali costituiscano una gigantesca sfera di cristallo dentro la quale guarda un pubblico esterno. Un enorme reality virtuale in cui azioni, parole, link, diventano la nostra scheda di presentazione.

I social network sono il nostro curriculum. Negli Stati Uniti, secondo un’indagine condotta dalla Microsoft, il 75% delle aziende fa ricerche online sui candidati, setacciando tutte le possibili fonti che possono rivelare qualsiasi tipo d’informazione. Il 70% di queste aziende ha confermato di aver respinto potenziali candidati per aver trovato conversazioni su bacheche, appartenenze a gruppi o semplicemente foto che non erano gradite.

Tutto questo sarà presto illegale in Germania. Il governo tedesco ha infatti deciso di intervenire con un progetto di legge per la protezione dei dati, che vieterebbe ai datori di lavoro di condurre ricerche nelle reti sociali sui vizi e le abitudini dei propri impiegati e di quelli futuri.

Si tratterebbe della prima legge che pone un limite a questa pratica ma la cui effettiva applicazione sarebbe complessa e difficilmente realizzabile. Il suo fondamentale intento però è quello di avvisare tutti coloro che sono alla ricerca di un lavoro di tenere in conto che il proprio profilo potrebbe essere esaminato e che ciò potrebbe avere delle conseguenze sul piano lavorativo. Per questo motivo, data la difficoltà nel verificare l’effettiva applicazione della legge, gli esperti affermano che l’unica soluzione per gli utenti è che, in modo individuale, si difendano da soli eliminando tutto ciò che potrebbe essere compromettente e pensando attentamente a cosa condividere con gli altri della propria vita privata e a cosa sarebbe meglio lasciare “segreto”.

Dalla privacy alla totale trasparenza: Facebook cambia politica. In diversi stati sono state avanzate numerose proposte per cercare di proteggere effettivamente la privacy del popolo dei social network. Mentre i governi si muovono in una direzione, alcuni social network, e non solo, vanno in quella opposta ossia verso la trasparenza piuttosto che verso la privacy.

Facebook ad esempio, è al centro di discussioni per la novità introdotta nell’area Richieste di Amicizia. Se prima infatti era possibile scegliere tra “conferma” o “ignora” ora quest’ultima opzione è stata sostituita dalla nuova formula “non ora”. Cliccandoci sopra, chi richiede l’amicizia viene posto in uno stato di limbo derivante dal fatto che l’amicizia non è né rifiutata né accettata. Questo stato incerto però non è così passivo dato che permette di visualizzare tutti i post pubblicati fino a quando la richiesta di amicizia non viene ufficialmente rifiutata. Questo accadeva già in precedenza nel momento in cui non si sceglieva tra le due vecchie opzioni. Con il tasto “non ora” Facebook gioca sul fatto che ci si dimentichi della richiesta che invece chi l’ha avanzata, continua a seguirci e rende più complicata la procedura per potersene liberare. Come Facebook ci sono anche altri casi in cui si cerca continuamente di trovare soluzioni nascoste che permettano di saperne di più sulla nostra vita privata.

Si dice spesso che in un’era permissiva si hanno infinite seconde possibilità. La verità è che, nella maggior parte dei casi, proporzionalmente al crescere della banca di memoria permanete del Web diminuiscono queste possibilità. Iniziano a mancare le opportunità di fuggire dalla lettera scarlatta segnata dal proprio passato digitale. Il social network, così, si sostituisce al gossip.

Il carattere di ciascuno non può essere mai giudicato da estranei sulla base dei profili su Facebook o di Google, può essere giudicato solo dalle persone vicine attraverso l’intuito e la comprensione. Nel frattempo però tutti devono imparare a vivere e sopravvivere nel migliore dei modi in questo mondo tecnologico che non dimentica niente. Per questo bisogna imparare a difendere e a salvaguardare la propria riservatezza.