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Diritto di critica | October 3, 2024

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Mirafiori, al referendum vincono dignità e paura - Diritto di critica

Mirafiori, al referendum vincono dignità e paura

Allo stabilimento Fiat di Mirafiori. lo spoglio delle schede del referendum sull’accordo azienda-sindacati ha tenuto col fiato sospeso per tutta la notte. Lo scrutinio ha visto la vittoria del “sì” con il 54% circa, ben lontano da quel plebiscito che ci si aspettava sommando le percentuali dell’ultimo voto rsu (70% la somma delle sigle firmatarie). Il patto che sbloccherà il primo investimento di Fiat a Mirafiori e Pomigliano (un miliardo e sette, rispetto ai venti complessivi del piano industriale di Marchionne) ora è valido, ma nella scelta tra diritti e prosecuzione del proprio lavoro i dipendenti hanno optato per la dignità. A giudicare dalle prime analisi, nei seggi in cui hanno votato gli operai addetti a montaggio e lastratura ha prevalso il ‘no’, mentre tra gli impiegati, gli operai del turno notturno e gli addetti alla verniciatura il ‘sì’ ha ribaltato i voti acquisiti fino ad allora.

Nonostante il macigno del ricatto sulla testa, i lavoratori non hanno tributato l’assenso del terrore agli imprenditori (oggi più vicini all’antica definizione di “padroni”) e in gran parte hanno bocciato l’intesa. Sarebbe sbagliato, però, ridurre la vittoria dei favorevoli solo agli amministrativi e ai “colletti bianchi”. La paura ha avuto un ruolo fondamentale sui 5154 votanti (94,6% degli occupati), anche a giudicare dalle reazioni di molti operai che annunciavano di aver votato “sì” per continuare a portare a casa uno stipendio. Sul risultato finale ha pesato tremendamente il timore di perdere il posto di lavoro, in una situazione economica e sociale in cui una famiglia non può permettersi di veder sparire la propria fonte di sostentamento primaria. La promessa dell’esternalizzazione in Canada in caso di bocciatura alle urne ha fatto la differenza.

La vittoria risicata del “modello Marchionne” viene evidenziata dai media nazionali. Le diverse parti sociali coinvolte hanno reagito in maniera diversa. Per l’ad Sergio Marchionne, che ha affidato a una lunga nota le sue reazioni, «Le critiche che abbiamo ricevuto sono state ingiuste e spesso frustranti. Quando vedi che i tuoi sforzi vengono mistificati, a volte ti chiedi se davvero ne valga la pena. La maggioranza dei lavoratori di mirafiori ha detto che vale sempre la pena di impegnarsi per costruire qualcosa di migliore». Per la Fiom, maggior oppositore all’accordo del 23 dicembre, si tratta di un «risultato assolutamente inaspettato, straordinario ed eccezionale», secondo il leader Maurizio Landini che invita la Fiat a riaprire la trattativa e che stasera sarà ospite a “Che tempo che fa”, su Rai3, in un’intervista che sicuramente dirà di più sul destino dei metalmeccanici Cgil allo stabilimento di Torino. Nei giorni scorsi, infatti, la segreteria confederale Susanna Camusso aveva chiesto alla Fiom di firmare il patto, in caso di sconfitta nella fase referendaria, per non perdere la possibilità di avere una rappresentanza sindacale ai tavoli di discussione. Il rifiuto di Landini, ostentato con forza fino a qualche giorno fa, probabilmente potrebbe essersi attenuato alla luce di un risultato obiettivamente inaspettato e che potrebbe far crescere la forza di un’eventuale “RSA rossa”. Di certo c’è lo sciopero generale della categoria indetto per il 28 gennaio, per cui le tute blu hanno chiesto il sostegno anche del sindacato confederale.

Mirafiori, probabilmente, è solo la punta. L’iceberg, che ha permesso la proposta e l’approvazione di un così deficitario patto per gli investimenti, è stato costruito da anni di inadempienze da parte della Fiat, del Governo italiano che non ha saputo guidare le scelte dell’azienda a fronte degli ingenti contributi statali concessi e che avrebbero giustificato prese di posizione importanti, della politica che ha posto la riforma del diritto del lavoro ai margini dell’agenda politica e anche dei sindacati, mai attenti a sufficienza nell’imporre nella loro agenda l’analisi di nuovi modelli di contratto, per far fronte alla metà della popolazione italiana (circa il 52%) composta di non occupati e precari. Ancora una volta il timore, stavolta di mettere in discussione alcuni punti storici delle conquiste giuslavoriste del 1970, ha condizionato il dibattito e le scelte.

Il tema del lavoro è tra i più importanti da analizzare e conoscere, perché un Paese possa dirsi “civile”. Su DDC cercheremo di illustrare al meglio le odierne situazioni e le prospettive possibili.

Comments

  1. Andrea

    Spero per i lavoratori della Fiat e dell’Italia intera che questa sconfitta dei sindacati “della Repubblica dei Soviet” sia tale da farli sparire, quei sindacati, dalla circolazione. A mio parere sono un cancro che divora la stessa classe operaia e di cui la parte ragionante della classe operaia deve assolutamente liberarsi. Sappiamo, chi per esperienza diretta e chi per averlo letto e studiato, che quella porcheria della “Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche” ha portato uno Stato ricco di oro, petrolio, gas naturale, uranio, vaste distese che erano (prima che arrivasse il comunismo) il granaio del mondo, etc etc etc alla miseria e aveva ridotto quel popolo a livello di straccioni. Chi lavorava in fabbrica prendeva di salario il minimo per sopravvivere ed in compenso poteva fare quello che voleva durante l’orario di lavoro (!): esattamente la filosofia di vita dei sindacati della sinistra “stracciona” dell’Italia di oggi e dei loro ciechi seguaci.

  2. Gabriele Doglio

    Ciao a tutti,
    sono un Candidato al Consiglio Comunale con Azzurri Italiani.
    Condivido quanto scritto e come Candidato di Azzurri Italiani siamo per la tutela dei cittadini, di Torino, dell’economia e del lavoro.
    Non sono un politico professionista, ma sono un semplice cittadino stanco di vedere politiche inutili, politiche basate su critiche, su gossip, su leggi ad personam e mai invece una politica costruttiva che migliori le cose. In Italia hanno governato alternativamente la sinistra e la destra, ma per noi cittadini non è mai cambiato nulla.
    Mirafiori è sicuramente un problema ma lo stesso problema lo hanno migliaia di operai in piccole fabbriche, che però non fanno notizia. Basta con polici che si occupano solo di problemi e fatti mediatici, bisogna pensare ai problemi di noi cittadini, di qualsiasi fabbrica, di qualsiasi settore! Bisogna rilanciare l’economia, creare posti di lavoro, incentivare le aziende a non fuggire all’estero e non stupirsi dei problemi dopo che sono stati creati!
    Azzurri Italiani (il cui colore azzurro non vuol essere di destra, ma azzurro come la nostra nazionale!) è un partito di cittadini, una lista civica non legata a nessun partito, non legata a nessuna lobby di potere.
    Come Candidato sono a disposizione a parlare con chiunque voglia segnalarmi dei problemi, propormi delle idee, che, se avrò la possibilità, sarà mio impegno portare avanti per il bene di noi cittadini e della nostra città di Torino.

    • gianpiero fenoglio

      purtroppo in italia non si pensa al futuro che vedo pieno di incognite : l’Italia è un paese fondato sul lavoro , recita la costituzione, ma il lavoro grazie alla globalizzazione se ne sta andando tutto via ,CINA, INDIA,BRASILE , PAESI DELL’EST, ecc.
      Il sottosuolo italiano non è che sia molto ricco, l’agricoltura è quella che è, pensare di vivere di turismo è una vera utopia,
      Si dovrebbe accettare di fare sacrifici tutti quanti adottando politiche che in qualche modo richiamino le multinazionali ad investire nuovamente nel nostro paese.
      Purtroppo i politici per salvare il loro”cadreghini” si guardano bene da attuare riforme e piani rivolti in questo senso.
      I sindacati, un tempo agivano con coscienza , oggi non si rendono conto che i tempi sono cambiati , che non si può difendere ad oltranza certe categorie, certe posizioni senza pensare al futuro ai giovani senza lavoro.
      Un tempo dicevano che Torino era “!fiatdipendente” ; la maggioranza della produzione Fiat era concentrata in Torino e dintorni.
      Noi immigrati siamo venuti a lavorare a Torino per la grande offerta di lavoro che c’era.
      Ed ecco che, per diversificare, politici e sindacati in testa hanno pensato bene di spostare lavoro al Sud senza pensare che ormai noi eravamo trapiantati qui e non si sarebbe piu tornati indietro.
      Da quel momento è iniziata la grande crisi della città che risente in modo sensibilissimo ogni crisi internazionale.
      Speriamo che voi giovani pensiate con più realismo a queste situazioni e con buon senso e poco per volta usando i mezzi opportuni riusciate a ridare lustro alla nostra bella città .
      Va tutto bene : olimpiadi , sindone, 150 anni dell’unità d’Italia : ma la cosa più urgente è
      RIPOrTARE LAVORO A TORINO… il resto viene di conseguenza