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Diritto di critica | July 24, 2024

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Voci di donne in memoria di Anna Politkovskaja, cinque anni fa l'omicidio - Diritto di critica

Voci di donne in memoria di Anna Politkovskaja, cinque anni fa l’omicidio

E’ una voce di donna quella che da mesi si leva a denunciare le repressioni del regime di Damasco contro le proteste che stanno insanguinando la Siria. E’ una voce di donna quella che l’organizzazione internazionale per i diritti umani Raw in War (Reach All Women in War, “Raggiungere tutte le donne in guerra”) ha scelto di insignire ieri con il premio annuale intitolato alla giornalista russa Anna Politkovskaja: è la voce di Razan Zaitouneh, 34 anni, avvocatessa per i diritti umani e giornalista siriana che negli ultimi mesi ha raccontato le atrocità commesse dal regime di Assad contro il suo stesso popolo.

La scelta di Raw in War è ricaduta per questa quinta edizione del premio sulla Zaitouneh in quanto

«coraggiosa giovane donna che ha risolutamente denunciato le crudeltà subite dal popolo del suo Paese. La sua determinazione nel raccontare la verità l’ha costretta a nascondersi e a subire l’arresto e la tortura dei suoi familiari (il marito e il fratello, ndr). Razan Zaitouneh si è valorosamente schierata contro quel regime così impegnato a zittirla. Ha vissuto una vita di coraggio e ricerca della verità nonostante i rischi, come fece Anna. Razan Zaitouneh è diventata una voce fondamentale nel rappresentare il cuore e l’anima di un popolo che protesta per chiedere la pace e la libertà in Siria. Onoriamo Razan Zaitouneh per via del suo bisogno disinteressato di portare l’attenzione internazionale su chi non riesce a farsi ascoltare dal mondo. Avvocatessa dei diritti umani e giornalista, ha rischiato la vita per parlare ai media internazionali e scrivere sul suo sito d’informazione Shril, così da fare luce sulla grave situazione della popolazione siriana e sulla violenza ormai giornaliera. Ha parlato delle forze di sicurezza che uccidono civili inermi, di carri armati che distruggono città e paesi e di militari che usano violenza ingiustificata su donne e bambini. Promettiamo in nostro costante supporto e la nostra solidarietà a Razan Zaitouneh».

Parole forti e decise, in linea con lo spirito per il quale il Premio Anna Politkovskaja è nato: ricordare ogni anno una donna che si sia distinta per la difesa dei diritti umani in zone di guerra o conflitto, a rischio della propria vita. Istituito nel 2007 dall’organizzazione Raw in War per ricordare non solo  l’anniversario dell’assassinio della giornalista russa ma anche «tutte le altre donne come lei nel mondo», il riconoscimento è stato assegnato negli ultimi anni a diverse personalità femminili forti e significative quali Natalia Esterimova (giornalista russa e amica di Anna Politkovskaja, a sua volta assassinata in Cecenia il 15 luglio 2009) o la politica afgana Malalai Joya, che aveva pubblicamente denunciato la presenza nel parlamento di “signori e criminali di guerra” e che era stata nel 2007 sospesa dal suo ruolo. Ancora, il gruppo One Million Signature For Equality – che porta avanti una campagna di raccolta firme in Iran per cambiare le leggi discriminatorie verso il genere femminile nel Paese – e la dottoressa sudanese Halima Bashir, che aveva denunciato le violazioni dei diritti umani nella regione del Darfur.

Nel quinto anniversario della morte di Anna Politkovskaja – uccisa il 7 ottobre 2006 a Mosca a causa delle sue scomode parole di verità sul cosiddetto «pantano ceceno» – si torna invece a premiare una giornalista, un’altra donna che come lei, nonostante le minacce e i rischi, continua ad alzare la voce contro un potere ancora troppo forte, troppo radicato. Razan Zaitouneh, nata il 29 aprile 1977, nel corso della repressione delle rivolte siriane da parte del regime di Assad ha infatti avuto un ruolo fondamentale nel fornire anche ai media stranieri informazioni circa la reale situazione in Siria: il suo sito web – Shril (Syrian Human Rights Information Link), dove grazie ad una rete di attivisti politici e difensori dei diritti umani riportava i brutali trattamenti dei militari contro i civili-  è diventato così anche all’estero una delle fonti principali di notizie circa le uccisioni ed i massacri nel paese mediorientale.

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