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Diritto di critica | April 21, 2024

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Follie egiziane, una strage per una partita di calcio - Diritto di critica

Follie egiziane, una strage per una partita di calcio

Bill Shankly, leggendario allenatore del Liverpool, è passato alla storia per una frase che racchiude in sé follia e valori sportivi allo stesso tempo: “Il calcio non riguarda la vita o la morte. E’ molto più di questo”. Un’affermazione che suonò infausta, se si pensa alla ‘strage dell’Heysel’ nel 1985 (39 le vittime accertate) e alla carneficina di ieri, nella quale almeno 73 persone hanno perso la vita dopo una partita di calcio a Port Said, nel nord-est del paese. La polizia non è riuscita a contenere le violenze scoppiate in seguito alla vittoria della squadra locale dell’Al-Masri ai danni dell’Al-Ahli, formazione del Cairo. Gli stessi calciatori sono stati tratti in salvo solo grazie all’intervento degli elicotteri.

“Questo non è calcio – aveva detto ieri il veterano della squadra dell’Al-Ahli Mohamed Aboutrika dal suo telefonino in diretta televisiva –, è una guerra e la gente muore davanti a noi. Non c’è sicurezza e nessuna ambulanza per soccorrere i feriti”. Il tragico bilancio finale, che in queste ore si sta delineando, parla di circa mille feriti. “Una delle pagine più nere della storia di questo sport”, è stato il commento del presidente della Fifa Sepp Blatter. Allo stato attuale, non è chiaro se il numero elevato delle vittime sia da attribuire alla confusione che si è creata nell’abbandonare gli spalti dello stadio, come già avvenuto in precedenti tragedie calcistiche. La polizia ha tratto in arresto, per ora, 47 persone e il numero potrebbe salire nelle prossime ore. Ancora sconosciuta la causa che ha dato il via alle violenze. I supporter dell’Al-Ahly sono a tutti gli effetti una ‘tifoseria calda’, che ha giocato un ruolo chiave lo scorso anno nell’organizzazione delle proteste a piazza Tharir contro l’ex presidente Hosni Mubarak. Tuttora, le frange estreme della tifoseria del Cairo mantengono un rapporto profondamente antagonista con il Consiglio Supremo delle Forze Armate (SCAF), la giunta militare ad interim che guida l’Egitto.

Non sorprende, inoltre, che la tragedia sia strumentalizzata, con accuse di inadeguatezza e negligenza nel gestire la situazione, rivolte al Consiglio Supremo delle Forze Armate. “E’ un crimine contro l’Egitto – ha scritto su Twitter Mohamed ElBaradei, uno dei politici dell’area liberale -. E’ necessario iniziare la ristrutturazione dell’apparato di sicurezza del paese”. In una nota inviata al magazine Time, ElBaradei ha sottolineato che “in Egitto le forze di polizia sono state addestrate per contrastare i dissidenti e i terroristi sotto il regime di Mubarak. Sono mal equipaggiate e poco addestrate per risolvere problemi di sicurezza reali come il crimine e le rivolte. Inoltre – ha aggiunto l’esponente liberal –, percepiscono un salario basso, non hanno alcuna formazione specifica e sono odiate dalla popolazione”.

C’è chi sostiene che la giunta militare al potere possa beneficiare di una situazione di caos. Nel braccio di ferro con gli Stati Uniti, l’Egitto conta di avere aiuti da Obama nel 2012 “nella transizione verso la democrazia”. Washington, però, non ha celato le preoccupazioni per l’atteggiamento del Consiglio nei confronti della minoranza cristiano-copta, della condizione femminile e del Trattato di pace con Israele. La strage di Port Said riporta alla memoria quella dell’Heysel, in cui persero la vita in tutto 39 persone (di cui 32 italiani). In quell’occasione, in particolare i tifosi della Juventus rimasero schiacciati durante la fuga dal settore degli ospiti che stava crollando. Nella grande ressa, molte persone si lanciarono nel vuoto, altri cercarono di scavalcare gli ostacoli ed entrare nel settore adiacente, altri si ferirono contro le recinzioni.