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Diritto di critica | April 26, 2024

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Chrysler-Fiat, ne rimarrà una sola? - Diritto di critica

La Fiat vuol comprare la Chrysler entro 9 mesi, ma i sindacati americani tirano sul prezzo. Una scalata costosissima per mettere il Lingotto su un piccolo impero dell’auto mondiale, già in affari con i cinesi di Gac. Peccato che i soldi scarseggiano: ecco perché a Melfi l’azienda ha chiesto la cassa integrazione straordinaria su 2 anni. Vale la pena spendere così tanto per ottenere così poco?

“Non chiuderò altri impianti”. Dal Salone di Detroit Sergio Marchionne tenta di placare gli animi su Melfi, che nei prossimi due anni cambierà le linee di produzione. Per questo, spiega il dg, “abbiamo chiesto la cassa integrazione straordinaria: è una  procedura ordinaria, non vedo il problema“. Il problema lo vedono invece i sindacati, che temono i “piani vaghi” di Marchionne: il progetto di rilancio dello stabilimento, con nuove linee di produzione per modelli ancora da decidere, non è per niente chiaro. Mancano le tempistiche, il volume degli investimenti, i piani di rotazione dei lavoratori in cassa integrazione. L’unica cosa certa è che Melfi non farà la fine di Termini Imerese(Fiat Panda) o di Valle Ufita (Irisbus). Almeno per ora.

Scalando la montagna d’oro. Il dossier che sta davvero a cuore a Marchionne, al momento, è l’acquisizione della Chrysler. Il Lingotto controlla al momento il 58,5% dell’azienda di Auburn Hills e punta a comprare un’altra fetta di proprietà, oggi nelle mani del sindacato dei metalmeccanici americani Uaw tramite la Veba (quota al 41,5%). Il contratto prevede la possibilità, per Fiat, di comprare il 3,3% della quota Veba ogni 6 mesi, da qui al 2016, fino ad arrivare al 16,6%. Ma non ci si accorda sul prezzo. Per Marchionne, la Chrysler vale oggi 6 miliardi di dollari (erano solo 4, nelle stime pre-acquisizione); per il sindacato, almeno 10 miliardi. Già due offerte sono state rifiutate, una da 139 e l’altra da 198 milioni di euro, contro i 342 chiesti dall’Uaw. Si profila il rischio di una vendita in borsa della quota Veba. 

Sorgono una serie di domande, però. La Fiat sta puntando a diventare marchio globale, grazie anche alla nuova partnership con il colosso cinese Gac, e Chrysler la aiuterebbe parecchio. Ma che senso ha spendere così tanto per il controllo assoluto della società, quando già oggi se ne controlla la quota di (larghissima) maggioranza? A questo prezzo, sarebbe possibile varare un piano d’investimento se non in Italia, almeno in America, decisamente più efficace. E forse mantenere nel cda della neofusa Chrysler-Fiat il sindacato statunitense potrebbe essere utile, una voce da ascoltare (o a cui chiedere sacrifici contrattuali) in cambio di collaborazione.

E’ così indispensabile zittire le voci dal basso, anche quando sono i “docili” americani dell’Uaw – a detta di Marchionne, “molto più ragionevoli della Fiom”?

 

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