Image Image Image Image Image Image Image Image Image Image

Diritto di critica | July 27, 2024

Scroll to top

Top

La protesta araba riaccende la Cina - Diritto di critica

La protesta araba riaccende la Cina

L’Africa insegna e non solo all’Occidente sordo. In Cina è in atto una “protesta dei gelsomini” in nome dei diritti umani, ispirata all’esempio di Libia, Tunisia ed Egitto. Pechino reagisce arrestando gli attivisti prima ancora delle manifestazioni, con l’accusa di tentata sovversione dello Stato. Domenica scorsa sono finite in carcere almeno 100 persone, tra cui i membri del forum indipendente “1984bbs”, tra i più attivi del web. E chi pubblica il nuovo manifesto di mobilitazione riceve la visita della polizia politica.

Sono accusati di sovversione gli utenti internet cinesi arrestati per aver organizzato e diffuso informazioni sulle manifestazioni anti-governative di domenica scorsa a Pechino e in altre 13 città a sostegno delle rivolte in Nord Africa e Medio oriente. È quanto riferito dal Centro per i diritti umani e la democrazia di Hong Kong. Liang Haiyi, trentacinquenne disoccupata di Harbin è stata fermata sabato per aver pubblicato in una chat l’appello della manifestazione.

“Non penso abbia infranto la legge”, ha detto il legale Liang Xiaojun all’agenzia ‘Associated Press’, “Ha soltanto ripubblicato un testo trovato su internet che non ha scritto lei. È materiale accessibile a tutti”. Ma le manette sono arrivate ugualmente, come anche per Hua Chunhui, arrestato a Wuxi, nella Cina orientale e Chen Wei, fermato a Suining. Probabilmente a scopo intimidatorio: state attenti, perchè nessuna espressione di simpatia ai manifestanti sarà tollerata.

Nei giorni scorsi il giro di vite contro l’attivismo online aveva portato all’arresto di almeno 100 persone tra cui gli avvocati Jiang Tianyong, Teng Biao e Tang Jitian, lo scrittore Gu Chuan, e da ieri Secretary Zhang, fondatore di uno dei forum di discussione più indipendenti del web cinese: 1984bbs. E in rete si parla di un’accusa di tentata sovversione dello Stato anche contro il popolare blogger del Sichuan, Ran Yunfei.

Tutto è tranquillo, secondo il governo cinese. Una sollevazione popolare sull’esempio nordafricano è “ridicola e irrealistica”: “si può dire che molti problemi siano stati risolti”, come assicura un alto funziario citato dall’agenzia ufficiale ‘Xinhua’. In realtà anche i membri del direttorio ex-comunista sono in allerta, e temono un rischio di contagio nonostante la distanza.

Soltanto ieri, il vicepresidente cinese, Xi Jinping, il più probabile successore di Hu Jintao alla guida del Paese, ha sottolineato l’urgenza per il Partito comunista cinese di affrontate i problemi legati all’istruzione, all’assistenza sanitaria e alle condizioni abitative. “Occorre sciogliere questi nodi per garantire la stabilità sociale e sostenere una società armoniosa”, ha detto Xi.

Gli agenti di sicurezza hanno consentito, domenica scorsa, piccoli assembramenti di persone nelle piazze cinesi: tutti schedati e controllati a vista dai militari, gli stessi che avevano portato in carcere un centinaio di attivisti prima della mobilitazione. Una specie di “protesta controllata”, quindi: piccola concessione per il fronte interno, ma solo formale. Gli organizzatori hanno però pubblicato un  apparso sul sito di esuli Boxun.com, e indirizzato anche ai deputati dell’Assemblea nazionale del popolo.

Le accuse sono le stesse lanciate dalla piazza araba ai rispettivi governi: corruzione, mancanza di trasparenza, censura su internet e sui mass media: “Se il governo non intende risolvere sul serio questi problemi, ma si accontenta di censurare internet e di bloccare l’informazione per eliminare le proteste, queste verranno al contrario rafforzate”. E ancora: “dobbiamo fare pressioni sul partito al potere in Cina. Se il partito non contrasta la corruzione e non accetta il controllo del popolo, corre dei pericoli”. Manifestazioni non violente settimanali “per chiedere la fine della corruzione, una giustizia indipendente e un governo che risponda ai cittadini”, sono state convocate in almeno 13 città. Vedremo se la politica di repressione preventiva di Pechino riuscirà a lungo a tenere nascosto il malcontento popolare.

Comments

  1. vladkgb

    MALEDETTI COMUNISTI CINESI…