Libano: quando la politica abbraccia la forza dei social network - Diritto di critica
Il successo dei social network non conosce confini: dagli Stati Uniti (patria di Facebook) ai paesi del Nord Africa (fondamentale il loro apporto nelle ‘Primavere arabe’), ora anche in Libano. E la politica, in forte calo di credibilità, ha cominciato a rivolgersi a Twitter per avvicinare il grande pubblico. Il primo ministro Najib Mikati, con poco più di 5mila seguaci, è già un veterano, utilizzando il proprio spazio virtuale già dal gennaio scorso. Anche l’ex premier Saad Hariri ha sottolineato l’importanza dei social network: “E’ ora di renderlo uno strumento più vicino e personale”. Il 3 novembre scorso in un post scriveva: “Vi aggiornerò il prima possibile”. E Hariri è stato di parola, dedicando uno o due ore al giorno ai propri sostenitori (a 14mila è fermo il conteggio).
Il rapporto diretto tra la popolazione e i politici è una novità in Libano, dove il divario tra le elite e tutti gli altri è molto forte, con i governanti che non sono abituati a rispondere del proprio operato. Il premier Mikati utilizza prevalentemente la lingua inglese su Twitter, quando parla di questioni di politica nazionale o estera. Nella scelta di andare oltre il linguaggio formale e di raccontare aspetti della vita privata, il premier utilizza l’arabo o il francese, certificando il proprio post con la sigla N.M., a testimonianza dell’autenticità. Mikati ha anche utilizzato Twitter per un progetto di ‘diplomazia digitale’, coinvolgendo l’ambasciatore inglese in Libano, prima di un recente incontro con il primo ministro britannico David Cameron.
Hariri, nei suoi ‘tweet’ notturni, ha affrontato temi più impegnativi, come il massacro scatenato dal regime siriano contro il popolo libanese, e argomenti leggeri come il calcio, gli hobby personali (immersioni) e le passioni (Harley Davidson). Tema scottante, la costituzione del Tribunale speciale per il Libano (TSL), patrocinato dalle Nazioni Unite, per indagare sull’assassinio del padre, l’ex ministro Rafik Hariri, ha trovato ampio spazio, facendo storcere il naso a diversi membri di Hezbollah. Una crisi politica è alle porte, a causa della pressione sul premier Mikati. Hezbollah, che ha un’influenza decisiva con i suoi alleati sul governo ed è appoggiato da Siria e Iran, non acconsente che il Libano paghi parte del fondo per finanziare il Tribunale dell’Onu ed esige la fine di questa cooperazione, anche perché sono stati già condannati quattro dei suoi membri, proprio per l’omicidio di Hariri nel 2005. L’eventuale rifiuto, nel pagare i 35 milioni di dollari di finanziamento (49% del progetto), avrebbe ricadute gravi nei rapporti con la comunità internazionale e potrebbe essere soggetto a sanzioni. Mikati starebbe meditando la carta delle dimissioni, anche per far sì che il governo trovi una soluzione in tempo breve.
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